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Tutelare la produzione del vino italiano: smascheriamo un attacco travestito da scienza | CulturaIdentità

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Anche se è in arrivo il Carnevale, l’attacco al cuore della produzione dello strategico settore vinicolo italiano non è uno scherzo ma è reale e pericoloso. A renderlo ancora più subdolo è la maschera pseudo-scientifica scelta per affondare il colpo sulla base di comprovate evidenze, che ha purtroppo indotto anche alcuni “esperti” del Bel Paese a salire sul variopinto carro a forma di cavallo di Troia confezionato ad arte evidentemente fuori dai nostri confini nazionali. Si tratta probabilmente della stessa logica d’Oltralpe sapientemente ammantata di scienza che si sta utilizzando per far adottare a livello europeo un sistema di etichettatura comune, il Nutriscore, che penalizza l’olio di oliva e altri prodotti italiani tipici della Dieta Mediterranea e di comprovate proprietà benefiche sulla salute, oltre che in termini di sostenibilità ambientale delle produzioni.

Si vuole infatti penalizzare il consumo, ovvero la vendita e di conseguenza la produzione di vino sulla base della sua cancerogenicità e si tira in ballo addirittura l’Organizzazione Mondiale della Sanità, spesso da parte degli stessi che ne hanno criticato l’operato, le prese di posizione e gli errori di comunicazione nel corso della pandemia. Ma cosa c’è di vero e cosa è invece preso a “pretesto”? Quel che è noto è che nel lontano 2012, l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) ha classificato l’alcol etilico (o etanolo) come cancerogeno certo per l’uomo (Classe 1 IARC) e l’OMS ha precisato che non esistono quantità di etanolo che possano ritenersi innocue per la salute.

Non si comprende quindi perché lasciare passare un decennio e per quale motivo attaccare solo il vino prodotto nei Paesi Mediterranei come l’Italia e non i super-alcolici ad esempio, che contengono quantità di etanolo ben superiori e sono quindi molto più dannosi per la salute. Ma non si comprende perché voler affrontare il problema della cancerogenicità certificata dalla IARC per l’etanolo e nascondere ipocritamente sotto il tappeto le polveri sottili che popolano la quotidianità delle nostre città, con l’Agenzia Europea per l’Ambiente (EEA) che nell’ultimo Report sulla Qualità dell’Aria ha citato espressamente la Pianura Padana come uno dei luoghi con l’aria più malsana d’Europa. E pensare che il particolato atmosferico (le polveri sottili. Il PM10, il PM 2.5 e via di seguito) è anch’esso classificato da oltre un decennio come cancerogeno certo per l’uomo (Classe 1 IARC, per l’appunto, come l’alcol) ed è responsabile secondo l’EEA di oltre 400.000 decessi prematuri ogni anno in Europa, con l’Italia che svetta in classifica oscillando tra i 70.000 e gli 80.000 decessi annui, pari a quelli del primo anno del COVID. Insomma, l’inquinamento atmosferico da cancerogeni Classe 1 IARC rappresenta una pandemia misconosciuta, ignorata, anno dopo anno (perché impossibile da diagnosticare con un tampone molecolare) certamente non inferiore al problema della mortalità evitabile da consumo di alcol (stimata dall’Istituto Superiore di Sanità in circa 17.000 decessi l’anno, tra cirrosi epatica, tumori, malattie cardiovascolari e incidenti stradali correlati al bere).

E perché prendersela col vino e non col benzene emesso dal nostro parco auto a “benzina verde”, oppure con i metalli pesanti e altri cancerogeni Classe 1 IARC. Insomma, se ci si avvicina al dibattito in corso con le lenti del ricercatore, sembra che la questione stia forse perdendo i contorni di un dibattito scientifico per andare a connotarsi in una dimensione filosofica da “Stato Etico” (in questo caso il sistema burocratico europeo), che agisce da Leviatano con la pretesa di avere il controllo su tutti gli aspetti della vita dei cittadini. Sappiamo dove ci hanno portato finora e che fine hanno fatto questi modelli, sia nei regimi già caduti che in quelli ancora in piedi. Questo non significa voler sottovalutare il problema dell’alcol, che deve essere affrontato non tanto attaccando la produzione vinicola italiana quanto contrastando ad esempio il consumo di superalcolici sempre più diffusi soprattutto tra i giovanissimi. I dati ISTAT ci mostrano fin dal 2002 (con trend consolidatisi successivamente anche dopo il 2012) come i superalcolici siano in aumento e costituiscano oltre la metà del consumo di alcolici e la stragrande maggioranza degli alcolici consumati dai giovanissimi. Ricordiamo che se l’alcol è dannoso per gli adulti, lo è in misura maggiore per i ragazzi: fino ai 16 anni manca l’alcol deidrogenasi (ADH), ossia l’enzima necessario per metabolizzare l’etanolo e disintossicare il corpo, mentre fino ai 21 anni questo enzima non è completamente efficiente.

Quindi giù le maschere e giù le mani dalla produzione vinicola italiana, che produce ricchezza per il Paese e dunque più benessere, più capacità di prevenzione e cura, più salute in definitiva. Per l’OMS, infatti, oggi da molti citato anche su questa questione, la definizione di salute é quella di “uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non semplice assenza di malattia”. Se togliamo ricchezza al Paese, togliamo benessere alla popolazione che non potrà piú contare su servizi di qualità, senza contare al danno sociale di interi territori votati alla viticoltura ed al danno storico che ne deriverebbe dalla perdita di identità. Quello di cui abbiamo veramente bisogno è una grande campagna di sensibilizzazione rivolta ai giovani e seri controlli nei supermercati, nei rivenditori e nei locali, per evitare un eccesso di consumo di alcool. In definitiva nel mentre non comprendo e non condivido la campagna in corso di demonizzazione del  prodotto vinicolo italiano, mi aspetto maggiore solerzia e impegno anche da parte degli esperti su una vera campagna contro il consumo di alcol da parte di giovani e giovanissimi, che stando ai dati disponibili sono sempre più votati al consumo di birra e superalcolici (legati alla moda del cosiddetto Binge Drinking – bere per ubriacarsi) e sempre meno al consumo di vino. La prima causa di morte dei nostri giovani tra i 14 ed i 24 anni non è il cancro ma sono gli incidenti stradali alcol-correlati.

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