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Omicidio Ciro Esposito, l'imbarazzante intervista di Daniele De Santis: “Smettila di dire idiozie, sei uscito con una pistola” – Il Riformista

Il romanzo di Gastone: “Mi pento di essermi trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato”

Ciro Cuozzo — 10 Febbraio 2023

Omicidio Ciro Esposito, l’imbarazzante intervista di Daniele De Santis: “Smettila di dire idiozie, sei uscito con una pistola”

Una intervista surreale, quasi da finto pentito quella rilasciata da Daniele De Santis, alias Gastone, l’ultras giallorosso condannato in via definitiva a 16 anni per l’omicidio di Ciro Esposito, il tifoso del Napoli morto ammazzato a 3o anni il 25 giugno 2014 dopo oltre 50 giorni di agonia all’ospedale Gemelli di Roma per le gravi lesioni riportate agli organi interni in seguito all’agguato subito il 3 maggio prima della finale di Coppa Italia tra Napoli e Fiorentina.

Un omicidio brutale, un’azione premeditata come sottolineato dai giudici in Appello e confermato dalla Cassazione. All’esterno dello stadio Olimpico di Roma, in viale Tor di Quinto, a pochi metri dal ritrovo di un circolo di estrema destra (il Ciak Village), l’ex capo ultrà giallorosso Daniele De Santis sparò diversi colpi d’arma da fuoco contro alcuni tifosi azzurri dopo averli provocati, insieme ad altri facinorosi (mai identificati), con un lancio di fumogeni e petardi, alcuni dei quali diretti agli autobus che avevano accompagnato allo stadio famiglie di tifosi partenopei. Un’azione che i giudici, nelle motivazioni della sentenza, definirono “bravata” perché  “Danielino” era uscito dal Ciak Village “insofferente” per la presenza dei napoletani. Armato di pistola dunque, Daniele De Santis aprì il fuoco “consapevole dei rischi della sua tragica bravata”, dove il termine “bravata” è riferito al lancio di pietre di Gastone nei confronti dell’autobus dei tifosi del Napoli e non all’omicidio successivo di Ciro.

E’ importante fare questa premessa, ricordando la cronaca nera e giudiziaria di quella terribile giornata, prima di riportare le parole di De Santis rilasciate all’agenzia Adnkronos. Nell’intervista Gastone si mostra pentito o quasi. “Ogni giorno, in cella, penso a Ciro Esposito” e “non nego di aver anche desiderato che l’epilogo di questo dramma fosse a parti inverse. Mi pento di essermi trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato. Al posto di Ciro poteva trovarcisi chiunque”. Ma De Santis non si trovava nel posto sbagliato, era all’interno del Ciak Village da dove decise di uscire, armato di pistola, per provare i rivali (famiglie per lo più) napoletani.

Una intervista che avviene a poche settimane dagli scontri in autostrada tra ultras romanisti e napoletani (con il successivo stop alle trasferte di due mesi per entrambe le tifoserie) e dall’aggressione subita dal gruppo ultras dei Fadayn giallorosso da parte dei ‘colleghi’ della Stella Rossa che hanno portato via le ‘pezze’ (stendardi e striscioni). Un’azione che, stando ai codici del tifo violento, dovrebbero portare allo scioglimento del gruppo perché ‘disonorato in battaglia‘. “Mi rattrista quanto accaduto sull’A1 – dice De Santis – tutto quanto sta avvenendo oggi restituisce un’immagine del calcio ben lontana dalla vera essenza di questo sport. Se le persone vivessero la passione calcistica per quello che è, come un momento di sana condivisione agonistica e non considerando la partita solo come una sfida per affermare la propria superiorità rispetto all”avversario’, certamente non ci sarebbe bisogno di pensare a certe misure così incisive. Mi rendo conto, tuttavia, che comunque siano necessarie per contenere tutte quelle degenerazioni che non dovrebbero appartenere al mondo calcistico”.

Un De Santis mezzo-pentito stando alle parole rilasciate successivamente, dove non rinnega la “foga” con la quale ha sempre vissuto le partite e più in generale lo stadio: “Questo non significa che io rinneghi l’amore per una squadra e neanche la mia foga con cui ho sempre vissuto le partite della Magica Roma – si affretta a precisare – ma l’attaccamento, anche quello più passionale, non dovrebbe sfociare in violenza. Animosità e aggressività sono due cose distinte. Questo è l’insegnamento che vorrei che la mia esperienza lasciasse in eredità”.

Emblematici poi due passaggi dell’intervista. Il primo è relativo alle ferite riportate quel giorno da De Santis che lamenta l’impunità dei suoi aggressori (allora perché non inizia col dire chi erano i suoi amici protagonisti dell’assalto ai tifosi rivali?). “Quel giorno anche io ho riportato numerose lesioni ma i miei aggressori sono rimasti ignoti e impuniti – dice – Oggi sto bene, ovviamente per quanto si possa star bene nelle condizioni in cui vivo e nonostante le enormi difficoltà legate allo stato di invalidità fisica irreversibile che mi trascino da quel giorno”.

Il secondo passaggio sublime è quello relativo alla fede: “La mia verità l’ho consegnata nel corso del processo (lo ribadiamo: i nomi dei suoi colleghi ultras perché non li ha fatti? ndr)- nella sede deputata a svolgere le valutazioni opportune. Peraltro, anche se non sembrerebbe conciliarsi con l’immagine che si ha di me, da credente sono convinto che l’unico vero giudizio arriverà in un’altra vita. Attendo lì la sentenza definitiva”.

Altra domanda: se davvero dice di essersi pentito perché non ha mai preso le distanze dalla curva giallorossa che in passato si è resa protagonista di episodi vergognosi come gli adesivi “Tutti in giro tranne Ciro” esposti in giro per la Capitale oltre che all’Olimpico?

Poi ricorda, come il Riformista denuncia da tempo, le difficoltà che si hanno in carcere nel ricevere assistenza sanitaria: “In carcere ho avuto molto tempo per pensare al mio trascorso di vita. Da quel giorno mi sono trovato con una frattura alla gamba e il quasi totale distaccamento del piede destro che mi ha accorciato l’arto di ben 6 centimetri. Ho riportato 5 ferite da arma da taglio, frattura delle ossa costali e nasali, una ferita lacero-contusa alla fronte con uno sfregio permanente. Soffro di una osteomielite che dovrebbe essere costantemente monitorata tramite periodiche scintigrafie ed esami di controllo. Ma in carcere, per le carenze connaturate alla struttura penitenziaria, che certamente non è una casa di cura, non riesco ad usufruire di tutte le prestazioni sanitarie a cui in stato di libertà avrei potuto accedere. Dovrei fare fisioterapia con costanza ma sono tre anni che non faccio alcun tipo di riabilitazione”.

Parole che hanno ricevuto la puntuale risposta, sempre all’Adnkronos, di Antonella Leardi, madre di Ciro Esposito: “Daniele De Santis è sceso in strada con una pistola. Non stava ‘nel posto sbagliato al momento sbagliato’ come dice, ma al contrario, perché lì c’era un parcheggio dove i ragazzi avevano fermato la macchina per andarsi a vedere la partita. De Santis ha assalito un autobus, mio figlio non sapeva nemmeno che fosse un tifoso romanista, è andato in soccorso delle persone che urlavano e lui ha sparato, come non si spara nemmeno a un animale”.

Daniele De Santis “si penta davanti a Dio – continua – Oggi lui dice dal carcere che il giudizio glielo darà solo Dio? Io ho perdonato proprio per l’amore di quel Dio grande e meraviglioso, che ha preso mio figlio sulle sue braccia, quel giorno, e se lo è portato con lui. E’ per quella speranza che vivo, perché De Santis possa trovare Dio, chieda perdono a lui per quello che ha fatto”. Poi rincara: “Però non dica idiozie, perché chi si pente non dice le bugie“. “Mi ha ammazzato Ciro in maniera feroce, lui, un uomo di quasi 50 anni che sarebbe potuto essere suo padre”.

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Giornalista professionista, nato a Napoli il 28 luglio 1987, ho iniziato a scrivere di sport prima di passare, dal 2015, a occuparmi principalmente di cronaca. Laureato in Scienze della Comunicazione al Suor Orsola Benincasa, ho frequentato la scuola di giornalismo e, nel frattempo, collaborato con diverse testate. Dopo le esperienze a Sky Sport e Mediaset, sono passato a Retenews24 e poi a VocediNapoli.it. Dall’ottobre del 2019 collaboro con la redazione del Riformista.

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