La premier della Nuova Zelanda, Jacinda Ardern, ha annunciato le sue dimissioni da capo del governo. “Sono umana “, ha detto, visibilmente commossa.
Rocco Michele Renna
La premier della Nuova Zelanda, Jacinda Ardern. 42 anni. è stata eletta primo ministro in un governo di coalizione nel 2017, prima di guidare il partito laburista verso una vittoria schiacciante nelle elezioni successive.
Ha annunciato le sue dimissioni da capo del governo e ha convocato le elezioni per il 14 ottobre: “Non ho più energie per continuare”, sono queste le sue parole per giustificare queste improvvise dimissioni dopo cinque anni e mezzo di mandato e a nove mesi dalle elezioni legislative.
Ardern ha tenuto a sottolineare che dietro la sua decisione non c’è nessuno scandalo segreto. “Sono umana. Diamo tutto ciò che possiamo il più a lungo possibile e poi arriva il momento. E per me è questo il momento”.
“Ho dato tutta me stessa per essere primo ministro, ma mi è anche costato molto. Non posso e non devo fare questo lavoro se non ho il pieno di energie, oltre ad un po’ di riserva per quelle sfide impreviste che inevitabilmente si presentano”.
Ardern resterà in carica fino al prossimo 7 febbraio, quindi proseguirà con il suo mandato di deputata fino alle elezioni di fine anno. “Avere un ruolo così privilegiato comporta responsabilità, tra cui quella di sapere in quale momento sei la persona giusta per stare al comando e anche in quale momento non lo sei”, ha spiegato, specificando che si tratta di una decisione su cui stava riflettendo dall’estate.
Non sappiamo realmente cosa abbia spinto Il Primo Ministro della Nuova Zelanda a dimettersi: ascoltando le sue parole possiamo solo ammirare il gesto di questa Donna con la “D” maiuscola. che sa riconoscere i propri limiti, conscia che potrebbero essere di intralcio alla nazione che deve amministrare. Ci auguriamo che questo sentimento di onestà intellettuale pervada ogni politico chiamato ad amministrare un Paese, il sentimento del buon padre di famiglia che deve prevalere sul desiderio di arricchirsi alle spalle della nazione che governa, tralasciando i propri doveri.
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