Roma, 16 mar – Il crack di Credit Suisse è anche il crack di Pips Bunce. Per lo meno riportando alla memoria la serie di sperticati elogi che il “manager genderfluid” aveva ricevuto in passato, nel corso della quale era stato definito quasi come una specie di mago della finanza.

La stessa Credit Suisse aveva elogiato Pips Bunce per la sua inclusione nel 2018 nella categoria “Heroes” del Financial Times. “Tra le migliore esecutive femminili” si scriveva, anche se Pips Bunce è – era – Philip Bunce, prima del processo di “transizione” di genere. Il Woke che crea denaro dal nulla, insomma, era diventato un nuovo mito diffuso addirittura sulla stampa specializzata. Pensando a ciò che sta accadendo all’istituto bancario in questione, non si possono non emmettere fragorose risate.

Il crack di Credit Suisse

La botta alla banca svizzera è stata di quelle così epocali che senza essere esperti studiosi di economia finanziaria viene da chiedersi chi abbia esaltato così tanto il – o la, la confusione è tanta – manager transgender, fluida o quello che più vi aggrada. In ogni caso la presunta “maga” della finanza tanto maga non ha dimostrato di essere, visto la palese sberla che l’istituto in cui lavora si trova adesso ad affrontare. La propaganda Lgbt, insomma, tocca uno dei suoi punti più bassi ed esprime una delle sue peggiori figuracce. L’istituto elvetico segue quello statunitense della Silicon Valley Bank in una crisi che potrebbe estendersi ancora e che, presso alcuni addetti ai lavori, sta generando molta paura.

Alberto Celletti

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