Il governo sudcoreano ha annunciato di prendere in considerazione l’ipotesi di sviluppare un programma nucleare autoctono o di richiedere agli Usa di schierare testate nucleari nella penisola, rimosse nel 1991. Il timore che l’ombrello di sicurezza convenzionale di Washington non basti a frenare l’aggressività della Corea del Nord, la quale prosegue con i test missilistici e una retorica roboante contro il Sud

Il presidente della Corea del Sud, Yoon Suk Yeol, ha dichiarato che Seul potrebbe costruire armi atomiche proprie, o chiedere agli Stati Uniti di dislocarne sul proprio territorio, se la minaccia nucleare nordcoreana dovesse continuare a crescere. Questa è la prima volta dal ritiro delle testate statunitensi nel 1991 che un presidente sudcoreano ventila in pubblico questo tipo di opzione.

In seguito a queste affermazioni, pronunciate durante un incontro con i ministeri della Difesa e degli Esteri, Yoon ha immediatamente aggiunto che l’avvio di un programma nucleare nostrano rimane al momento solamente un’ipotesi. E che Seul risponderà all’aggressività di Pyongyang cercando di rafforzare l’asse di cooperazione con Washington.

“È possibile che il problema si aggravi e che il nostro Paese introduca armi nucleari tattiche o le costruisca da solo”, ha dichiarato Yoon, secondo una trascrizione dei suoi commenti rilasciata dal suo ufficio. “Se così fosse, potremmo avere le nostre armi nucleari abbastanza rapidamente, date le nostre capacità scientifiche e tecnologiche”.

Seul e Pyongyang hanno ratificato un Trattato di non proliferazione nucleare (Tnp) che vieta al Paese di sviluppare programmi di armamento di quel tipo. Inoltre, nel 1991 hanno firmato una dichiarazione congiunta che le impegna a non “testare, fabbricare, produrre, ricevere, possedere, immagazzinare, dispiegare o utilizzare armi nucleari”.

La Corea del Nord, in barba a questi accordi, ha condotto sei test nucleari dal 2006 ad oggi. Senza contare il fatto che anni di negoziati non sono riusciti a far rimuovere una singola testata dal Nord. Al contrario, non si contano gli episodi di roboante retorica e minacce contro Seul. Questo è il motivo che ha spinto il partito di governo a proporre un cambio di rotta. I sondaggi di degli ultimi anni mostrano che la maggioranza dei sudcoreani è favorevole al trasferimento di armi nucleari nel Sud da parte degli Stati Uniti o alla costruzione di un proprio arsenale.

L’ipotesi è stata scartata per più di due decenni, prevalendo l’opzione di contare sull’ombrello nucleare statunitense. Negli anni ’70 del secolo scorso, la Corea del Sud aveva iniziato un programma nucleare segreto di fronte agli accenni degli Usa di ridurre la loro presenza militare sulla penisola. Ma l’ipotesi di vedere emergere un ulteriore attore con capacità nucleari aveva persuaso Washington a garantire la sicurezza dei sudcoreani in cambio dell’abbandono del programma.

Ad oggi sono più di 28mila i militari a stelle e strisce dislocati in Corea del Sud, il terzo contingente estero più numeroso, dopo Germania e Giappone ( dove si trovano rispettivamente 35mila e 53mila militari Usa). Molti sudcoreani si sono chiesti, nel tempo, se gli Stati Uniti impediranno alla Corea del Nord di attaccare il loro Paese, soprattutto con il rischio di lasciare le basi militari americane nell’Asia-Pacifico più vulnerabili a un attacco nucleare. La ripetuta promessa di Washington di proteggere l’alleato – con le proprie armi nucleari, se necessario – non ha dissipato questi timori.

Dichiarando l’intenzione di dotarsi di armi nucleari, il Sud potrebbe costringere il Nord a ripensare al proprio programma di armamento nucleare e forse indurre la Cina a esercitare pressioni su Pyongyang. Alcuni legislatori affiliati al partito di Yoon propongono che gli Stati Uniti reintroducano le proprie testate nella penisola e stringano un accordo di condivisione nucleare con Seul simile a quello per cui gli aerei dei Paesi Nato sarebbero autorizzati a trasportare armi nucleari americane in tempo di guerra.