scandalo-metropol-finisce-in-nulla,-niente-reati-solo-fango-politico-–-il-riformista

Scandalo Metropol finisce in nulla, niente reati solo fango politico – Il Riformista

L’archiviazione dell’inchiesta

Tiziana Maiolo — 18 Gennaio 2023

Scandalo Metropol finisce in nulla, niente reati solo fango politico

Dopo la misera fine del processo Eni, un altro caso di corruzione internazionale sospettata dalla procura della repubblica di Milano finisce (o finirà) in archivio, cioè nel cestino della carta straccia. E paradossalmente spetta oggi a colui che fu il grande accusatore dei vertici Eni, il procuratore aggiunto Fabio De Pasquale, chiedere l’archiviazione del famoso “scandalo” dell’hotel Metropol di Mosca. Un fatto del 2018 che, portato alle cronache un anno dopo quando Matteo Salvini era ministro dell’Interno e si avviava a far cadere il governo giallo-verde, nasce da fonti giornalistiche che avevano preso di mira il leader della Lega, che comunque non fu mai neppure indagato. Come dimenticare le copertine dell’Espresso che per settimane si erano nutrite di titoli come “Lega-Russia soldi e spie”, “3 milioni per Salvini”, “I buchi neri di Salvini”, e di foto e richiami a tesori e tesoretti?

La procura di Milano ha lavorato al caso per tre anni e mezzo. Ma va anche detto che i due sostituti che avevano avviato l’indagine, inizialmente contro ignoti, sono poi andati a ricoprire incarichi europei, quindi l’iniziativa di chiedere l’archiviazione è spettata ai loro successori, coordinati dall’aggiunto De Pasquale. La notizia è stata anticipata ieri dal quotidiano La Verità, che ha ricostruito la vicenda in modo molto dettagliato. Cerchiamo, con l’aiuto dei ricordi, di capire se e quanto i pubblici ministeri di Milano abbiano dato credito a cronisti improvvisatisi giornalisti investigativi che hanno fatto perdere tempo e denaro su ipotesi che erano solo di battaglia politica contro Matteo Salvini. L’incontro famoso del 18 ottobre del 2018 si era svolto a Mosca all’hotel Metropol. Gli interlocutori erano tre italiani, Gianluca Savoini, un lobbista antico amico del leader della Lega e due avvocati, Gianluca Meranda e Francesco Vannucci, e alcuni russi. Un incontro di un’ora e un quarto, registrato, secondo la procura, dall’avvocato Meranda, in cui si sentono frasi in inglese, rumore di tazzine, risate e sottofondo di voci varie. Il senso dell’incontro sarebbe consistito nella trattativa su una partita di petrolio che la Russia avrebbe venduto e su cui la Lega avrebbe avuto un importante ritorno economico.

Naturalmente, avrebbero detto i russi, due dei quali sono stati individuati dalla procura milanese, si dovranno “ungere” dei funzionari pubblici. L’inchiesta è tutta qui, la presunta corruzione internazionale avrebbe trovato fondamento, se mai si fosse concretizzata, cosa non accaduta, nelle tangenti offerte a rappresentanti governativi. Ma nessuno dei due interlocutori russi lo era. Uno era presidente onorario dell’associazione Piemonte-Russia, cugina di quell’associazione Lombardia-Russia guidata da Gianluca Savoini. Il secondo era un manager di aziende operanti nel settore della produzione e del commercio di gas e petrolio. Aveva a che fare Matteo Salvini con tutto ciò? L’indizio di un suo coinvolgimento consiste nel fatto che anche lui era a Mosca in quei giorni, per un convegno con alcuni imprenditori italiani operanti in Russia e per alcuni incontri istituzionali. Due parallele che, ce lo dice oggi la Procura di Milano, come capita alle parallele non si sono mai incontrate. Forse il Capo della Lega era a conoscenza di quell’incontro, dicono i magistrati, ma non c’è alcun riscontro del fatto che abbia partecipato alla negoziazione e soprattutto del fatto che fosse informato di dover “oliare”, cioè corrompere qualche pubblico funzionario russo.

Che l’inchiesta abbia proceduto stancamente in questi tre anni e mezzo lo si era già intuito. Intanto perché i giornalisti sentiti come persone informate sui fatti hanno sempre dichiarato di esser stati presenti al Metropol a un altro tavolo rispetto a quello della ”trattativa”, ma a quanto risulta non erano stati loro a registrare, e il file con l’audio era stato loro consegnato dall’avvocato Meranda. Inoltre non avevano scattato nessuna foto. E poi Mosca non aveva certo collaborato all’inchiesta con Milano, e era rimasta senza risposta la rogatoria del 15 luglio 2021 sollecitata anche il 22 febbraio 2022. Tutto finito in polvere, dunque, come già capitato ad altre inchieste politiche della procura milanese, precedenti l’arrivo di Marcello Viola a dirigere l’ufficio dl quarto piano del palazzaccio di Milano. Come quella di recente archiviata sull’eurodeputato di FdI Carlo Fidanza e la “lobby nera”. Ci sarà un giudice che non accoglierà la richiesta di archiviazione dello “scandalo” dell’hotel Metropol? Difficile portare a processo qualcosa che non è accaduto.

Avatar photo

Politica e giornalista italiana è stata deputato della Repubblica Italiana nella XI, XII e XIII legislatura.

© Riproduzione riservata

Related Posts

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *