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Regioni più vecchie 2022: cosa raccontano i dati ISTAT

8‘ di lettura

L’Italia sempre più vecchia: aumentano i centenari e cresce l’età media. In cima al podio la Liguria con i suoi 46,2 anni. Mai così dal 2007. Di seguito elenchiamo le regioni con la popolazione più vecchia (scopri le ultime notizie su bonus, Rem, Rdc e assegno unicoLeggi su Telegram tutte le news su Invalidità e Legge 104. Ricevi ogni giorno sul cellulare gli ultimi aggiornamenti su bonus, lavoro e finanza personale: entra nel gruppo WhatsApp, nel gruppo Telegram e nel gruppo Facebook. Scrivi su Instagram tutte le tue domande. Guarda le video guide gratuite sui bonus sul canale Youtube. Per continuare a leggere l’articolo da telefonino tocca su «Continua a leggere» dopo l’immagine di seguito).

Indice

Regioni con la popolazione più vecchia: le statistiche

L’Italia sempre più vecchia. Sui alza l’età media a 46,2 anni e si registrano incrementi dei centenari. Mai così dal 2007. Liguria sul podio mentre la più giovane rusulta la Campania. Vediamo le regioni con la popolazione più vecchia.

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Qual è la regione italiana più vecchia?

È la Liguria la regione più vecchia d’Italia. La Campania, invece, è quella con la popolazione più giovane.

La popolazione verso un calo anche nel 2022: si torna ai livelli del 2007. Per ogni bambino 5,4 anziani.

Regioni con la popolazione più vecchia: diminuisce l’età media per il 2022

La soglia sarà abbattuta a fine anno. Nel 2022 la popolazione italiana scenderà sotto quota 59 milioni, tornando ai livelli del 2007. Le proiezioni demografiche indicano anche per quest’anno un calo delle nascite (a settembre -2% su 2021) sotto quota 400mila: «Anche se per qualche mese è andata meglio non c’è stato un recupero rispetto allo scorso anno, e quindi è possibile ad oggi ipotizzare un nuovo calo», ha detto Gian Carlo Blangiardo, presidente dell’Istat, nel corso della presentazione del Censimento Permanente, dove è stato ufficializzato che nel 2021 la popolazione censita in Italia ha toccato i 59.030.133 residenti, in calo dello 0,3% rispetto al 2020 (-206.080 persone).

Il decremento ha interessato soprattutto il Centro Italia (-0,5%) e l’Italia settentrionale (-0,4% sia per il Nord ovest che per il Nord est), è più contenuto nell’Italia meridionale (-0,2%) e risulta minimo nelle Isole (appena 3mila unità in meno).

Regioni con la popolazione più vecchia: i dati post-Covid

Ancora elevato è l’impatto del numero di morti da Covid-19 sulla dinamica demografica nel 2021: il totale dei decessi (701.346), sebbene in diminuzione rispetto all’anno precedente (quasi 39mila decessi in meno), rimane molto superiore alla media 2015-2019 (+8,6%). Gli stranieri censiti sono 5.030.716 (-141.178 rispetto al 2020), con un’incidenza sulla popolazione totale di 8,5 stranieri ogni 100 censiti.

Roma è, come noto, il Comune più grande con 2.749.031 residenti, Morterone (in provincia di Lecco) quello più piccolo, con 31 abitanti. Il decremento di popolazione è molto più limitato nei Comuni della classe 5-20mila abitanti e in quella fino a 5mila abitanti (che insieme rappresentano il 70% dei comuni italiani).

Nei 44 Comuni con oltre 100mila abitanti solo 5 guadagnano popolazione, per i restanti 39 si registra un calo rispetto al Censimento 2020 di circa 115mila residenti.

Regioni con la popolazione più vecchia: aumentano gli anziani

Ma, oltre a diminuire, gli italiani sono sempre più “vecchi”. L’età media si è innalzata di tre anni rispetto al 2011 (da 43 a 46 anni). La Campania continua a essere la regione più giovane (età media di 43,6 anni) mentre la Liguria si conferma quella più anziana (49,4 anni).

L’invecchiamento della popolazione italiana è ancora più evidente nel confronto dei censimenti passati. Nel 2021 per ogni bambino si contano 5,4 anziani, mentre nel 1951 c’era meno di un anziano per ogni bambino (3,8 nel 2011).

L’indice di vecchiaia è notevolmente aumentato e continua a crescere, da 33,5% del 1951 a 187,6% del 2021. Meglio invece sul fronte dell’istruzione: negli ultimi 10 anni diminuiscono sistematicamente gli analfabeti, le persone che sanno leggere e scrivere ma non hanno concluso un corso regolare di studi (sono meno di 300mila).

La quota più significativa di popolazione, pari al 36,3%, è in possesso del diploma (+5 punti sul 2011), diminuiscono le persone che non hanno proseguito gli studi dopo il primo ciclo della scuola primaria e aumentano laureati (dall’11,2% al 15,0%) e dottori di ricerca (dallo 0,3% allo 0,5%). A livello territoriale i laureati sono il 17,2% al Centro, il 15,3% al Nord-ovest, il 14,9% al Nord-est, il 13,8% nel Meridione e il 13% nelle Isole.

Le quote più elevate di titoli di studio bassi si rilevano invece al Sud. Con il 19,1% il Lazio è la regione con l’incidenza più elevata di laureati e di dottori di ricerca (0,8%) a cui si contrappone la Puglia (12,9% e 0,3%), al pari di Valle D’Aosta, Campania, Basilicata, Calabria e Sicilia.

I grandi Comuni, con più di 250mila residenti – è un altro dato -, continuano a essere un polo di attrazione per i più istruiti: la quota di laureati registra un picco (29,1%) a Milano e Bologna, che dal 2011 guadagnano 6 punti percentuali.

Più contenute, ma sempre sopra la media nazionale del 15%, le incidenze di laureati a Palermo, Napoli e Catania, che in dieci anni crescono tra i 2,5 e i 3,2 punti percentuali.

Tra la popolazione censita come residente in convivenza si contano 351.338 persone che vivono stabilmente in tre tipi di convivenza: circa il 32% nelle case di riposo e Rsa, più del 20% nelle convivenze ecclesiastiche e quasi il 21% nelle strutture di accoglienza per immigrati.

Le persone senza tetto e senza fissa dimora ammontano a poco più di 96mila mentre la popolazione che formalmente risulta residente nei campi attrezzati o negli insediamenti tollerati e spontanei è pari a circa 16mila unità.

Infine l’Istat comunica che la raccolta dei dati per il censimento continuo (unico Paese che lo fa, da quattro anni) con modalità digitale ha permesso una diminuzione del 90% del consumo di carta e emissioni.

Regioni con la popolazione più vecchia: aumentano i centenari

Al 1° gennaio 2021 i centenari residenti in Italia sono 17.177. L’83,4% è costituito da donne. Negli ultimi 10 anni, dopo una costante crescita fino al 2015 (massimo storico con oltre 19mila individui), la popolazione super longeva ha avuto una riduzione dovuta in larga misura a un effetto strutturale: l’ingresso in questa fascia di età delle coorti, meno numerose rispetto alle precedenti, perché costituite dai nati in corrispondenza del primo conflitto mondiale.

A seguito dell’aumento dei contingenti iniziali delle coorti nate alla fine del primo dopoguerra si osserva invece a partire dal 2020 una nuova crescita dei sopravviventi più longevi.

A livello regionale la maggior parte dei centenari risiede nel Nord Italia. Considerando gli individui di almeno 105 anni di età, 284 sono residenti nel Nord-ovest e 243 nel Nord-est; al Sud vivono 238 persone, al Centro 225 e nelle Isole 121.

Regioni con la popolazione più vecchia: i più longevi a Nord-ovest

La regione con il rapporto più alto tra popolazione di 105 anni e oltre e il totale della popolazione residente è il Molise (4,1 per 100 mila), seguita da Valle d’Aosta (3,2 per 100 mila), Friuli-Venezia Giulia, Liguria e Abruzzo (3,0 per 100 mila in tutte e tre le regioni). La Lombardia, nonostante abbia il maggior numero di residenti con almeno 105 anni in valore assoluto (161), presenta un rapporto di 1,6 per 100 mila, leggermente sotto la media nazionale (1,9 per 100 mila).

Analizzando il rapporto tra la popolazione di 105 anni e più e la popolazione residente di 80 anni e più, la distribuzione regionale non cambia: il Molise rimane la regione con la più alta concentrazione di persone che arrivano all’età di 105 anni, quasi 46 ogni 100 mila residenti con più di 79 anni.

Regioni con la popolazione più vecchia: impatto minore della pandemia da Covid-19 sui centenari

A differenza delle altre fasce di età di popolazione anziana, per la popolazione di 105 anni e più non si è registrata una crescita dei decessi nel corso del 2020, anno caratterizzato dalla pandemia da Covid-19.

Analizzando le probabilità di morte di questa sotto-popolazione dal 2009 al 2020 (deceduti/popolazione residente al 1° gennaio, per 100), si nota come il valore relativo al 2020 sia in linea con quello degli anni passati: circa 66 decessi ogni 100 individui.

A livello di ripartizione territoriale si evidenziano invece alcune differenze: al Nord, zona più colpita dalla pandemia, si registra il valore più alto della serie (71 ogni 100), al Centro il valore più basso (54 ogni 100). Probabilmente le misure di contenimento adottate nell’anno hanno preservato questa fascia di popolazione da altre infezioni.

Le differenze con il resto della popolazione sono verosimilmente legate al fatto che la popolazione di 105 anni e più è una popolazione geneticamente selezionata, più resistente. Inoltre quasi 9 di queste persone su 10 vivono ‘protetti’ in famiglia, mentre il 12% risiede in una convivenza.

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