Dopo l’ultimo Plenum
Paolo Comi — 21 Gennaio 2023
“Non tornate più, è meglio”. È quanto avrebbero, informalmente, fatto sapere dal Quirinale questa settimana agli attuali componenti del Consiglio superiore della magistratura. Terminato il Plenum di mercoledì, dove si è consumato l’ennesimo strappo sulla nomina del procuratore aggiunto di Roma Stefano Pesci, dal Quirinale sarebbe arrivato il messaggio di svuotare gli uffici quanto prima e non mettere più piede a Roma. Un ‘suggerimento’ che ha spiazzato un po’ tutti. I consiglieri, infatti, erano impegnati a scrivere i discorsi per l’inaugurazione dell’anno giudiziario.
Il giorno dopo la solenne cerimonia in Cassazione, prevista per il 26 gennaio, i componenti del Csm in rappresentanza dell’Organo di autogoverno della magistratura si sarebbero infatti dovuti recare presso le varie Corti d’appello. Dal Quirinale devono aver pensato che, dopo tutto quello che era successo in questi anni, far tenere loro le prolusioni sarebbe stato veramente troppo.
Meglio dunque accelerare con il rinnovo del Consiglio e mandare via i componenti del Csm “più screditato della storia della Repubblica”, come ricorda sempre l’ex premier Matteo Renzi. A parte il Palamaragate, che questo Csm si fosse caratterizzato per decisioni quanto mai ‘singolari’, disattendendo regole e disposizioni normative di ogni genere, lo si era capito fin da subito. Dopo poche settimane dall’insediamento, molti mesi prima che esplodesse lo scandalo delle nomine, il Csm aveva dato il meglio di sé con la pratica del giudice di Parma Luca Agostini. Il magistrato aveva fatto domanda per essere trasferito, con il medesimo incarico, al tribunale di Milano e il Csm, il 20 giugno 2018, aveva deliberato il trasferimento. La toga doveva prendere servizio nella nuova sede il 30 gennaio dell’anno successivo, così da permettergli di terminare i processi.
Il 20 novembre del 2018, però, Agostini aveva chiesto di revocare il trasferimento per ragioni “personali” e di “servizio”. “Mi ero determinato a chiedere il trasferimento a Milano perché a quell’epoca la mia compagna da pochi mesi aveva superato l’abilitazione professionale di avvocato e aveva instaurato un rapporto di collaborazione lavorativa con uno studio di quella città”, aveva esordito Agostini. “Il mio trasferimento a Milano – aveva aggiunto – era funzionale all’instaurazione nella metropoli lombarda della convivenza con la mia compagna, a quell’epoca non ancora iniziata. Sennonché, l’occupazione lavorativa della mia compagna è venuta meno nelle more della procedura di trasferimento e da qualche settimana ha iniziato una collaborazione presso uno studio legale di Reggio Emilia”. Il trasferimento, in altre parole, sarebbe stato foriero di “conseguenze assolutamente deleterie” per la vita personale. Agostini aveva poi ricordato che si era occupato e si stava occupando di processi importanti, che aveva maturato esperienza, e che vi sarebbero stati problemi per sostituirlo. Il consigliere togato Michele Ciambellini, giudice di grande esperienza, circolare alla mano aveva fatto presente che la revoca è un istituto solo per “gravi e imprevedibili circostante sopravvenute relative al lavoro del convivente”.
Convivenza che Agostini non aveva in “alcun modo documentato”. Il togato faceva presente che la distanza intercorrente tra Milano e Parma non giustificava il ricorso ad un istituto eccezionale come la revoca (le due città sono collegate con treni ad alta velocità che impiegano circa 45 minuti, ndr). Ciambellini, poi, aveva precisato che il Tribunale di Parma era sostanzialmente a pieno organico, mentre a Milano la scopertura era all’epoca del 10 percento e in caso di scorrimento della graduatoria, al posto di Agostini, sarebbe stato destinato un magistrato che prestava servizio a Brescia dove la scopertura era quasi del 20 percento.
“Sarebbe paradossale, in presenza di un ripensamento del magistrato, far valere una situazione per nulla eccezionale al fine di assecondare ragioni personali che di per sé non giustificano la revoca”, aveva puntualizzato il togato del Csm, rispedendo al mittente la giustificazione di Agostini di essere a conoscenza dei processi: chi lo avrebbe sostituito era il giudice a latere e, come tale, pienamente a consapevole del contenuto degli atti. Il Csm, comunque, era pronto a farlo rimanere a Parma per il tempo necessario per la conclusione anche l’ultimo processo che aveva iniziato. Come se non bastasse, infine, il posto di Agostini era stato già assegnato dalla stesso Csm. In caso di revoca bisognava mandare via il magistrato appena destinato a Parma, determinando ’tensioni’ fra i giudici dell’ufficio. Il Csm ‘screditato’, davanti ad una quadro del genere, cosa avrà mai deciso? La revoca del trasferimento di Agostini, of course.
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