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L’eredità di Tatarella «realizzata con Giorgia»

Sangiuliano: «Pinuccio precursore». Violante: «Ora il partito conservatore»

09 Febbraio 2023

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Michele De Feudis

«Cosa farebbe Tatarella?»: l’eredità politica del viceré delle Puglie è stata celebrata ieri a Roma, a Palazzo Giustiniani, con un convegno promosso dalla Fondazione che porta il suo nome a 24 anni dalla morte. Relatori d’eccezione, parterre modello Amarcord (in prima fila Gianfranco Fini, ma anche in sala Pippo Marra, fondatore dell’Adn e lo scrittore Pietrangelo Buttafuoco): il clima è stato festoso e insieme riflessivo.

Il tema della tavola rotonda? «Pinuccio Tatarella padre della destra di governo e precursore del centrodestra». E così il perimetro della discussione ha riguardato sia la metodologia che la prassi del politico scomparso il 9 febbraio 1999. Leader cresciuto nelle organizzazioni giovanili del Msi, il Richelieu di Cerignola è una figura centrale nel Pantheon della nuova destra ora a Palazzo Chigi, perché gli si riconoscono intuizioni di visione e azione. Su questo canovaccio si sono svolti gli interventi dei relatori, da Fabrizio Tatarella (vicepresidente della Fondazione) al sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, dal presidente del Senato Ignazio La Russa al ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, che Pinuccio nominò nel 1996 direttore del quotidiano «Roma». Uno sguardo da sinistra nella discussione è stato portato da Luciano Violante, presidente emerito della Camera, che aveva conosciuto il leader destrorso in gioventù nei corridoi delle aule dell’Università di Bari.

Il peso dell’eredità tatarelliana lo sente molto Ignazio La Russa (che custodisce il busto del duce, dono del padre Antonino, ma esporrebbe anche quello di Mao): «Il mio punto di raffronto è confrontarmi con quello che avrebbe detto o fatto Pinuccio… Aveva la capacità di pensare oggi a quello che doveva succedere dopo». Per Alfredo Mantovano, magistrato di antico retaggio conservatore, si ritrova nella realtà attuale «il suo progetto politico di destra andava oltre e oggi si sta realizzando» con Meloni premier. Aggiunge l’intellettuale salentino: «La destra al governo raccoglie la sfida con una giovane donna, che non viene da successi imprenditoriali, né da lobby finanziarie ed economiche ma da un percorso personale, ricco di ostacoli superati, di determinazione nel perseguire le proprie idee. Lo schieramento conservatore per il quale Tatarella aveva indicato la necessità di guardare oltre, trova oggi il suo oltre in un messaggio di fedeltà all’ideale e quotidiano impegno personale che alla fine conducono al governo. E possono diventare il punto di partenza per vincere il triste ripiegamento su se stessi che sembra connotare parte del corpo sociale italiano. Un quarto di secolo dopo, con tutte le differenze di tempi, contesto, persone, la strada indicata da Tatarella vive una stagione nuova».

Molti si sono interrogati sulla prospettiva che avrebbe disegnato Tatarella per gli «esuli in patria» se non fosse morto nel 1999. Prova a interpretare le sue intuizioni Luciano Violante: «Certamente nelle sue corde c’era la costruzione di un partito conservatore. Non sarà mai il mio partito, ma spero che lo facciano perché servirà anche dall’altra parte a fare un partito riformatore…». «Era un uomo che apriva conflitti – aggiunge Violante – ma li sapeva anche chiudere. E lui poteva farlo perché aveva l’autorevolezza, il rispetto dell’avversario e la capacità del limite».

Il ministro della Cultura Gennaro Salgiuliano non ha dubbi: «La destra che è al governo era già stata concepita nella sua mente. Quello di oggi è un punto di approdo, che spero, nell’interesse della nazione, sia proficuo e intenso, oltre che nella durata, anche nella realizzazione». Secondo il direttore del Tg2, Nicola Rao, che modera il dibattito, «recuperare la visione strategica di Tatarella farebbe bene a tutti. Pinuccio ha spezzato le catene dell’arco costituzionale». Maurizio Gasparri ne ricorda l’attenzione per una «politica ariosa come via per l’unità del centrodestra», mentre Dario Damiani lo racconta come «visionario e pragmatico insieme».

Quali sono però le colonne d’Ercole che dovrà superare la destra di governo nei prossimi mesi? Anche in questo una bussola può venire dal tatarellismo come ideologia che attrezza le istituzioni e i partiti per avere maggiori strumenti di intervento sulla politica del cambiamento. Ecco dunque il dossier riforme di grande attualità, con autonomia e a stretto giro il presidenzialismo. Violante, «tatarellianamente», elogia «la democrazia decidente», ma boccia il modello presidenziale: «Laddove la società è divisa non funziona. Negli Stati Uniti non funziona più. Se vogliamo raccogliere il messaggio di fondo della democrazia decidente potremmo pensare al cancellierato, al premierato. Rafforziamo quello che è in corso nel migliore dei modi».

In questa sintesi si sarebbe riconosciuto Tatarella, mai dogmatico, ma lucido teorico della destra della realtà.

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