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L’autarchia linguistica di Rampelli, la prima multa al ministero del fatto e finito in questa nazione – Il Riformista

Le proposte del governo: multe per chi usa parole straniere

Piero Sansonetti — 2 Aprile 2023

L’autarchia linguistica di Rampelli, la prima multa al ministero del fatto e finito in questa nazione

“Basta con gli usi e costumi dell’Italia umbertina, con le ridicole scimmiottare delle usanze straniere. Dobbiamo ritornare alla nostra tradizione, dobbiamo rinnegare, respingere le varie mode di Parigi, o di Londra, o d’America. Se mai, dovranno essere gli altri popoli a guardare a noi, come guardarono a Roma o all’Italia del Rinascimento… Basta con gli abiti da società, coi tubi di stufa, le code, i pantaloni cascanti, i colletti duri, le parole ostrogote”.

Scriveva così il “Popolo d’Italia” verso la fine degli anni 20. Il “Popolo d’Italia” era il giornale fascistissimo fondato da Mussolini. E lanciò la campagna per l’autarchia nella moda, nei costumi e nel linguaggio. Contro il linguaggio “ostrogoto”. L’ordine del partito era: italianizzare. La proposta di legge presentata in questi giorni da “Fratelli d’Italia” invece non parla di linguaggio ostrogoto ma di “forestierismi linguistici”. Più o meno è la stessa cosa. La proposta di legge l’ha presentata il deputato Fabio Rampelli, che è considerato il maestro di Giorgia Meloni anche se le voci di corridoio dicono che tra i due, recentemente, sia emersa qualche ruggine (“rust, in inglese…).

Rampelli propone multe salate, fino a 100 mila euro, per chi usa parole straniere al posto di quelle italiane. Capite che è una bella botta. Immaginate un tranviere di Ponte Milvio che va allo stadio e quando segna la Roma grida: Gooool!. Metti che c’è un carabiniere in borghese che se ne accorge e gli fa il verbale: 100 mila. Vuol dire che il tranviere dovrà lavorare gratis per almeno quattro anni per riparare all’errore. Beh: certezza della pena. Guardate che non stiamo affatto scherzando. Rampelli ha presentato davvero questo disegno di legge, e ha raccolto, tra i suoi, una ventina di firme.

E a questo punto dovrà iniziare una complessa azione di italianizzazione, anche da parte della pubblica amministrazione. Quando passò la linea dell’autarchia linguistica, negli anni trenta, fu attivata una enorme quantità di lavoro. Prima si cambiarono i nomi dei paesi dell’Alto Adige e della Valle d’Aosta (ma anche di alcuni comuni del sud i cui nomi erano deturpati da influenze greche: quelle latine erano ammesse), poi si passò ai cognomi delle persone, ai nomi degli alberghi, dei ristoranti, delle scuole. Poi si abolì quella vergogna antinazionale che erano le scuole bilingue. Infine, come dicevamo, si passò allo sport. In particolare al calcio, che era lo sport più diffuso. E allora “rete” al posto di gol, “calcio d’angolo” al posto di corner, “traversone” invece di cross, “partita”, invece di match,fallo di mano” al posto di hands.

In realtà nello sport le cose non andarono bene. Il popolaccio continuò a usare termini inglesi. Mi ricordo che quando ero bambino, negli anni cinquanta, se colpivi la palla con le mani l’avversario cominciava a gridare: enze, enze. Che voleva dire hands. Anzi, in alcuni cortili si raddoppiava, per essere più chiari: “enze de mano”, dicevamo a Roma, e se era vicino alla porta di stracci si chiedeva il rigore. Poi – quando ormai il fascismo era già caduto da tempo – ci pensò un vecchio radiocronista, mitico e fantastico, che nel frattempo era passato alla televisione ed era un po’ nostalgico, credo.

Lui italianizzò tutto. Inventava parole, nelle sue radiocronache, per non cadere mai nel forestierismo Diceva rete, fallo, calcio d’angolo, rimessa, traversone e persino sfera al posto di pallone, perché, in fondo, pallone gli sembrava una parola un po’ spagnola. E noi ragazzi, tutti, imparammo finalmente il nuovo linguaggio quando Mussolini era morto già da quindici anni e Rampelli era in fasce.

Ora vedrete che Rampelli si metterà a lavorare duro per istruire i nuovi cultori dell’Italiano. Prima di tutto dovrà correggere la Meloni che ha inventato – dio la stramaledica! – il ministero al “made in Italy”. Poveretta. Una multa da centomila non gliela leva nessuno. Il ministero dovrà cambiare nome e chiamarsi “ministero del fatto e finito in questa nazione”.

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Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all’Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.

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