Roma, 21 gen — Anche questa settimana la woke polizei ha nominato il condannato al rogo di turno: a bruciare sulla pira è Fifa 23, il videogioco di calcio più famoso al mondo, con l’accusa di perpetrare miti e stereotipi razzisti sui neri. Lo certificherebbe uno studio condotto da Paul Ian Campbell, assistente professore di sociologia alla Leicester University, e Marcus Maloney, assistente professore di sociologia alla Coventry University.
I suddetti luminari sono giunti alla conclusione che Fifa 23 offre ai giocatori una visione fuorviante delle differenze tra calciatori bianchi e neri: nel videogame, gli atleti di colore sarebbero dotati di migliori attributi fisici, come velocità di sprint, potenza e salto, mentre a quelli bianchi sono destinati punteggi più alti nelle aree cognitive e tecniche (compostezza, cross, calcio di punizione e capacità di curvare la palla). I neri forzuti, e i bianchi intelligenti ma più scarsi. Interessante notare come, a rigor di logica, lo stereotipo «infamante» risulterebbe essere a doppio binario — per entrambe le tonalità di pelle — ma i dotti considerano negativo solo quello versi i neri.
Tuonano in un articolo per The Conversation: «In parole povere, il nostro studio ha rilevato che i punteggi aggregati per le caratteristiche dei giocatori digitali erano direttamente correlate agli stereotipi razziali associati ai calciatori nella vita reale», sottolineando il «rischio che ai bambini venga effettivamente insegnato che gli atleti bianchi e neri sono significativamente “diversi”… attraverso l’atto apparentemente innocente e banale del gioco».
La risposta di EA Sports
EA Sports, società creatrice di Fifa 23, ha risposto aspramente alle critiche, affermando che «non c’è alcuna correlazione tra il colore della pelle e le abilità connesse al gioco» e che «i dati presentati in questa ricerca forniscono una visione ristretta e incompleta delle valutazioni complessive dei giocatori». Inoltre, lo studio non tiene conto «del ruolo del giocatore, che è fondamentale per determinarne le caratteristiche, prendendo in considerazione un campione di 88 giocatori» su quasi 20mila disponibili.
Insomma: sembrerebbe proprio che i due scienziati abbiano raccolto i dati ignorando tutte le prove che avrebbero potuto confutare la loro tesi, ideologicamente preconfezionata, evidenziando solo quelle a favore. Ma sicuramente siamo noi quelli maliziosi, razzisti e pieni di bias, chissà.
Cristina Gauri
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