Arriva l’ora del disgelo tra palazzo Chigi e l’Eliseo. La telefonata fra Giorgia Meloni ed Emmanuel Macron – al centro immigrazione, Ucraina e sostegno alle imprese europee – segna una svolta nei rapporti decisamente tesi negli ultimi due mesi fra Italia e Francia, tra la freddezza transalpina sul nuovo governo di centrodestra e la crisi diplomatica di novembre sullo sbarco della Ocean Viking. Adesso si cerca di guardare oltre, anche in vista dei tanti dossier europei aperti: da quello sui migranti – “tema urgentissimo” secondo la presidenza svedese della Ue e focus del prossimo Consiglio europeo straordinario del 9 febbraio – fino alla revisione del Patto di stabilità (la riforma è attesa entro il semestre), passando per gli interventi anti-inflazione.
Palazzo Chigi definisce il colloquio “cordiale“, spiegando che “è stata ribadita la volontà di garantire il pieno sostegno all’Ucraina e l’urgenza di individuare a livello europeo soluzioni efficaci per sostenere la competitività delle imprese e per contrastare l’immigrazione illegale attraverso un effettivo controllo delle frontiere esterne dell’Unione europea”. E aggiungendo che i due leader “hanno concordato di continuare a confrontarsi su queste tematiche largamente condivise”. Fonti dell’Eliseo sottolineano soprattutto che Meloni e Macron hanno ribadito “la loro determinazione ad andare avanti” nel sostegno a Kiev “fin quando sarà necessario”. E confermano i temi: i due hanno “discusso dei meccanismi da creare per rafforzare l’investimento e il sostegno ai progetti industriali strategici, delle soluzioni contro l’aumento dei prezzi dell’energia e delle questioni migratorie”.
Non c’era nessuno strappo, quindi non serviva ricucire, è la tesi dei fedelissimi della premier. Ma la temperatura delle relazioni fra Roma e Parigi è calata dopo l’addio di Mario Draghi. Con l’esecutivo francese che ha salutato l’avvento del centrodestra italiano al governo dicendosi “vigile sui diritti umani“. E Meloni che nel primo faccia a faccia con Macron, il 23 ottobre in un hotel romano, gli contestava “l’atteggiamento predatorio manifestato dalla Francia in qualche occasione”. Poi l’8 novembre, quando l’Italia ha chiuso i suoi porti all’Open Viking, la Francia l’ha accolta a Tolone accusando Roma di “disumanità” e minacciando ritorsioni. Un’aggressività “inspiegabile” per Meloni, convinta semplicemente di aver difeso l’interesse nazionale e di aver portato l’Europa finalmente a mettere in agenda la riflessione sulla gestione dei flussi migratori, che non deve pesare solo sulle spalle dei Paesi del Mediterraneo meridionale.
Da lì in poi, Macron e Meloni non hanno avuto appuntamenti bilaterali nei vertici internazionali. L’unica telefonata è stata il 26 novembre, quando il presidente francese ha chiamato per esprimere solidarietà dopo l’alluvione di Ischia. E la premier – nella conferenza di fine anno – è arrivata a mettere in discussione la piena operatività del trattato del Quirinale sulla cooperazione tra i due Paesi. A livello ministeriale invece i rapporti sono andati avanti, su temi anche delicati come price cap e fornitura di armi all’Ucraina, e negli ultimi mesi per il disgelo non è stato secondario il ruolo del presidente della Repubblica. Ma serviva una svolta per rimettere in carreggiata una relazione tanto complessa quanto necessaria.
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