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Alla riscoperta del Genius loci del mare| CulturaIdentità

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Nel 1956 Domenico Modugno più’ che cantare, più’ che raccontare, accompagnava “Lu pisci spada”, interpretando la storia d’amore della femmina che vedeva morire il suo compagno spada ormai fiocinato. Il Mimmo nazionale era in acqua con loro, era lì, nel branco, era un tutt’uno col mare. Più tardi De Andrè lo faceva a Genova con “Creusa de mar”, Lucio Dalla si ispirava dal Golfo di “Surriento” e Luca Carboni trovava la sua isola in “un porto con un forte odore di gasolio…”.

Il mare come tutt’uno.

Il mare come luogo di vita e di lavoro, come luogo di cultura e di identità, come luogo in grado di dare coerenza, prospettiva, professionalità a chi lo vive, non necessariamente stando nel mare, ma convivendoci anche dalla terra e dalla costa in modo armonico.

Per diversi decenni a chi aveva poca voglia di studiare, gli si rispondeva in famiglia, con tono ammonitore “Non hai voglia di studiare?…Vai in mare, vai a lavorare”. Capitava nella pesca, come pure in agricoltura o in altri settori, ma per il mare era scelta tra la vita sulla terra e la “morte” in mare, era il ricordo della prima metà del ‘900 quando la mancanza del motore e della sicurezza a bordo effettivamente poteva portare a naufragi e tragedie, a morte e miseria.

Ma il lavoro non è “altro” rispetto alla vita: nel lavoro c’è la vita e nella vita c’è il lavoro e cosi’ e’ per la scuola. Per andare “in mare”, “nei campi” serve studiare duramente. Oggi lavorare con l’habitat naturale significa sostenibilità, ambiente, sicurezza, risparmio energetico, qualità della vita, normative internazionali, igiene, tecnologia ecc…

Per questo va riscoperto il “Genius loci“, quell’associazione di parole, di origine romana tra “Genio” e “Luogo”.

Il bambino, l’adolescente, grazie alla valorizzazione del “Genius loci” non dovra’ vedere lo stare “dentro” la scuola come antagonista dello stare “fuori” e il giovane non dovra’ vedere il lavoro come antagonista del vivere.

Se un ragazzo di un borgo peschereccio si diverte ad uscire in barchino con il suo 40 cavalli fuori bordo, deve incontrare nella scuola e nel lavoro, col supporto delle Istituzioni, questa sua vocazione. Con scuole che alle primarie ti facciano amare Moby Dick, ti insegnino la rosa dei venti, le correnti marine, per portarti poi ad una scuola professionalizzante, in grado di farti approdare ad un mestiere che valorizzi cio’ in cui sei “genio”.

Uno scenario che contrasterebbe la dispersione scolastica, l’abbandono dei piccoli centri e dei centri storici, stimolerebbe l’iniziativa privata, il lavoro alle dipendenze di aziende di settori autoctoni.

Si tratta di scoprire, in definitiva, che puntare sul mare non è mai un buco nell’acqua.

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