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Alessandro Barbano con “L'inganno” scava nel pozzo nero dell'antimafia – Il Riformista

Il libro del giornalista

Alberto Cisterna — 13 Gennaio 2023

Alessandro Barbano con “L’inganno” scava nel pozzo nero dell’antimafia

Il libro di Alessandro Barbano (L’inganno. Antimafia usi e soprusi dei professionisti del bene) scuote la palude dell’antimafia in Italia e agita le acque melmose di un mondo che tanti punti di contatto ha con l’abisso di malaffare che scuote in questi giorni il Parlamento europeo o la cooperazione agli immigrati. Non c’è dubbio, infatti, che settori non marginali della cosiddetta società civile abbiano preso a pretesto la lotta alla mafia, l’assistenza agli immigrati, la cooperazione internazionale come pretesto per dispensare stipendi, accumulare denaro e, soprattutto, conquistare potere. Insomma, il palazzo sarà pure marcio, ma galleggia in un mare pieno di alligatori e squali.

È un fenomeno che inquieta e, ormai, si staglia con una certa nettezza nell’assetto del potere. Si prende a prestito una bandiera immacolata (diciamo: la lotta alla mafia o la cooperazione internazionale), si inizia un’operazione fiancheggiatrice delle istituzioni nazionali o internazionali incaricate di occuparsene, si sollecita l’ambizione alla pubblicità e alla visibilità degli interessati (magistrati e funzionari pubblici in primo luogo), si crea un bel premio o una serie di manifestazioni con cui fidelizzare questo pittoresco mondo di carrieristi, si legittima così la propria presenza, si passa all’incasso dalla politica con fondi, sussidi, deleghe e via seguitando. In mezzo il ruolo, troppe volte opaco, di un certo giornalismo che prende per mano il mercato del consenso e opera da vera e propria cerniera tra gli uni e gli altri.

Vittime predestinate, e spesso consapevoli, i politici di turno che abbagliati dall’idea di indossare le vesti del militante antimafia o del cooperante zelante o dell’assistente commosso di emarginati elargiscono prebende pubbliche e cooptano per le proprie liste gli epigoni consegnati loro da questo congegno infernale. La storia del paese, e soprattutto di una certa sinistra vocata al commuoversi, pullula di biografie più o meno nobili che certo non possono giustificare mistificazioni e ruberie di vario genere. In questo acquitrino, ovviamente, nessuna battaglia può giungere all’epilogo e nessuna vittoria può essere proclamata perché mondi solo in apparenza diversi si sostengono l’uno con l’altro e, al primo cenno di critica o di dissenso, rispondono all’unisono contro l’apostata, l’aggressore, l’infedele. Come nel Conte di Carmagnola di manzoniana memoria «S’ode a destra uno squillo di tromba. A sinistra risponde uno squillo: s’ambo i lati calpesto rimbomba da cavalli e da fanti il terren»; la consegna delle lobby è sempre la stessa.

Al pari delle massonerie, delle mafie, delle congreghe o delle conventicole, il primo problema è ammutolire la critica, impedire che si alzi il velo sul sistema di potere (talvolta anche piccolo, ma efficace) messo in piedi, minacciando carriere, stipendi, influenza e interferenza. Ora la presunzione di innocenza garantisce tutti, potenti e poveracci; le indagini sono appunto una ricerca e non un approdo, ma sarebbe assurdo negare il tramestio che si alza dal muoversi di denaro, i miasmi che provengono tra certe sistematiche aggressioni a mezzo stampa contro che agita lo spettro di riforme dirompenti e ostili, il clima di diffidenza che si vuole creare intorno a certe coraggiose prese di posizione. Non importa molto cosa Alessandro Barbano abbia scritto nel suo libro, ma importa molto che si cerchi di neutralizzare le sue parole perché disallineate dal verbo che si custodisce nel tempio delle vestali dell’antimafia da almeno due decenni a questa parte.

Da quando la via maestra tracciata coraggiosamente da “Libera” di don Ciotti ha visto l’affiancarsi di un pulviscolo di affluenti, l’allinearsi di un reticolo di canali che drenano denaro e compattano potere e che ora insinuano, insultano, infangano nel tentativo di porre argine a verità scomode. Non è successo solo con l’antimafia, lo si è detto. La società civile, i catari dell’accoglienza e della solidarietà hanno, a macchia di leopardo, creato potere e consenso che è difficile intaccare e periglioso criticare senza essere facilmente tacciati di razzismo, collusione o contiguità. Il paese ha drammaticamente bisogno di fare i conti con questi santuari e c’è da pagare un conto salato per questa bonifica che è una battaglia di trasparenza e di democrazia. Anzi di libertà.

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