Roma, 29 mar – E’ sempre una soddisfazione quando importanti opere archeologiche, che appartengono al patrimonio dei popoli, ritornano finalmente nelle rispettive patrie. L’esempio più lampante, ancora una volta, arriva dalla Grecia; o meglio: ritorna in Grecia. Stiamo parlando di uno dei principali simboli dell’antichità che ancora oggi domina la capitale ellenica dall’acropoli sulla quale è stato eretto. Il Partenone di Atene è da sempre simbolo di bellezza, architettura europea e arte classica paragonabile a ben pochi altri esempi al mondo. Più volte saccheggiato, distrutto e incendiato, nel corso dei secoli il magnifico tempio di Atena ha subito depredazioni di ogni sorta; anche in epoca moderna.

Le depredazioni del Partenone di Atene

Nel 1801, i marmi del Partenone finirono in Inghilterra per mano di Lord Elgin, l’ambasciatore inglese che assunse gente del luogo per staccare le metope dal tempio e comprò alcuni pezzi più piccoli dagli abitanti locali. Grazie a questa operazione, compiuta da “barbari”, come li definì Chateaubriand, i rilievi con la Titanomachia, l’Amazzonomachia e la processione delle Panatenaiche finirono, prima a casa Elgin e poi, dal 1816, esposti al British Museum. Negli ultimi mesi, però, la “perfida Albione” si è detta possibilista nel restituire finalmente alla Grecia parte del suo patrimonio marmoreo, come vi avevamo raccontato in un precedente articolo di questa rubrica. Ma oltre all’Inghilterra, vi sono anche altri stati che “vantano” il possesso di queste antiche opere dal valore inestimabile. Inutile girarci intorno; per storia e indole, altri due paesi che da sempre si sono fatti riconoscere per le proprie depredazioni nel mondo, sono gli Stati Uniti d’America e la Città del Vaticano.

Gli USA restituiscono alla Grecia 29 antichi reperti di inestimabile valore

Nei giorni scorsi gli USA hanno rimpatriato in Grecia 29 importanti manufatti, durante una cerimonia tenutasi presso il consolato greco. Gli oggetti sono stati tutti sequestrati nel corso di indagini sul mercato nero dell’arte e includono: una moneta d’oro Eid Mar, di provenienza sconosciuta, coniata nel 42 a.C. e che commemora l’assassinio di Giulio Cesare; un cratere a calice in bronzo datato al 350 a.C. che fu saccheggiato da una tomba a camera e introdotto clandestinamente in Svizzera, per finire poi negli Stati Uniti; e una collezione di sculture in marmo raffiguranti un gruppo familiare, datate ben tra il 5000 e il 3500 a.C.. Queste ultime probabilmente prelevate dall’isola di Eubea, per approdare in seguito in un museo americano.

Il Vaticano restituisce frammenti di statue del Partenone

Come vi anticipavamo poco più sopra, però, anche un’altra istituzione statale in questi ultimi giorni ha restituito al popolo ellenico parte dei suoi importanti tesori storici. Lo stato pontificio ha infatti rimpatriato ad Atene tre importanti frammenti del Partenone, nel corso di una cerimonia ufficiale che si è tenuta al Museo dell’Acropoli. A differenza del mercato a stelle e strisce, i reperti in questione erano stati acquistati regolarmente nel XIX secolo dai Musei Vaticani. Sono la testa marmorea di un cavallo, la testa statuaria di un giovane in processione delle Panatenee e un frammento raffigurante un volto barbuto proveniente da una delle metope del tempio. Elementi che potrebbero risultare fondamentali per la ricostruzione decorativa dell’immenso monumento ateniese.

La cerimonia ad Atene con le istituzioni elleniche e vaticane

Sicilia pioniera del rimpatrio delle opere antiche

Alla cerimonia ufficiale tra il Vaticano e le istituzioni ateniesi nella Capitale ellenica, però, era presente anche uno dei massimi promotori e, se vogliamo, pionieri del rimpatrio delle opere greche. E’ Alberto Samonà, amico e lettore de il Primato Nazionale, nonchè già assessore alla cultura della Regione Sicilia. Lo scorso anno, infatti, come vi abbiamo raccontato in questa rubrica, Samonà ha restituito ad Atene il cosiddetto “Frammento Fagan”. Proprio questo nobile gesto, profondamente etico e disinteressato, aveva fatto da alfiere di questa battaglia a difesa delle identità archeologiche dei popoli. “L’invito ufficiale rivoltomi da parte del Governo della Repubblica di Grecia e la mia partecipazione alla cerimonia di Atene, alla presenza delle autorità greche e vaticane – sottolinea Alberto Samonà, giornalista, scrittore ed ex assessore alla Cultura della Sicilia – ha un significato profondo, dato dal fatto che la Regione Siciliana, lo scorso anno, ha fatto da apripista mondiale sul tema del ritorno a casa dei marmi del Partenone, riportando, per prima, nella Capitale Ellenica un frammento appartenente al fregio orientale del grande tempio ateniese. Grazie a questo gesto, l’opinione pubblica internazionale si è svegliata e si è attivato questo circolo virtuoso che sta finalmente dando i suoi frutti”.

Alberto Samonà con la statua della dea Atena

Samonà: “L’Europa della Tradizione è la risposta ai diktat antinazionali”

Su invito del governo ellenico, ha partecipato alla cerimonia anche Caterina Greco, direttrice del Museo Archeologico Regionale A. Salinas di Palermo. Greco aveva seguito tutta la procedura relativa al Frammento Fagan e, nel gennaio del 2022, ha siglato con il Museo dell’Acropoli uno storico accordo di collaborazione, grazie al quale poco tempo dopo è arrivata a Palermo un’importante statua della Dea Atena. “La decisione del Santo Padre, che si inserisce anche nel dialogo ecumenico con la Chiesa Ortodossa di Grecia – prosegue Samonà – è un segno importantissimo, che va preso ad esempio. La strada maestra, in un mondo di lacerazioni e di conflitti, è proprio la collaborazione e la cooperazione internazionale nel nome della Cultura, che da sempre reca con sé un messaggio di dialogo e di pace”. L’ex assessore alla Cultura della Regione Sicilia lancia infine un importante messaggio per la valorizzazione dell’identità dei popoli in un mondo sempre più disorientato nelle disordinate vie del progresso moderno: “L’Europa dei Popoli, della Cultura, della Tradizione è la risposta a quell’Europa delle banche, della finanza e dei diktat antinazionali, a cui purtroppo abbiamo assistito per troppo tempo”.

Andrea Bonazza

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