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Aiuti di stato e fondo di sovranità comune – Vertice Ue: patto tra Nord e Sud su aiuti di Stato fondo di sovranità comune; ancora il PNRR e i fondi europei. Insomma, la diplomazia italiana ha lavorato in queste settimane per ottenere un do ut des: il via libera a una controversa riforma degli aiuti di Stato in cambio di nuovi margini di manovra per quanto riguarda i fondi comunitari (scopri le ultime notizie su mutui e prestiti. Leggi su Telegram tutte le news sulla finanza personale. Ricevi ogni giorno sul cellulare gli ultimi aggiornamenti su bonus, lavoro e finanza personale: entra nel gruppo WhatsApp, nel gruppo Telegram e nel gruppo Facebook. Scrivi su Instagram tutte le tue domande. Guarda le video guide gratuite sui bonus sul canale Youtube. Per continuare a leggere l’articolo da telefonino tocca su «Continua a leggere» dopo l’immagine di seguito).
Indice
- Aiuti di stato e fondo di sovranità comune: che cos’è il fondo sovranità comune?
- Dove vanno i soldi del PNRR?
- Aiuti di stato e fondo di sovranità comune: uso dei fondi comunitari
- Aiuti di stato e fondo di sovranità comune: la soddisfazione della Premier Meloni
- Aiuti di stato e fondo di sovranità comune: le modifiche al PNRR
- Aiuti di stato e fondo di sovranità comune: lo scacchiere politico
- Fonti e materiale di approfondimento
- Ricevi tutte le news sempre aggiornate su bonus e lavoro
È un accordo politico tutto da concretizzare quello raggiunto dai capi di Stato e di governo dell’Unione europea, riuniti a Bruxelles per un vertice europeo straordinario, principalmente dedicato alla crisi di competitività dell’economia europea.
Associato a un via libera per un allentamento temporaneo degli aiuti di Stato sarà un utilizzo più semplice dei tanti fondi comunitari, così come richiesto da alcuni paesi, tra cui l’Italia.
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Dove vanno i soldi del PNRR?
Un riepilogo sui fondi PNRR:
Totale Risultato | 1.187.125.057,00 |
MOLISE | 9.465.670,00 |
UMBRIA | 6.427.110,00 |
VALLE D’AOSTA/VALLÉE D’AOSTE | 5.186.000,00 |
BASILICATA | 3.414.910,00 |
Aiuti di stato e fondo di sovranità comune: uso dei fondi comunitari
Le conclusioni approvate nella notte tra giovedì 9 e venerdì 10 febbraio confermano le impressioni della vigilia. Quanto agli aiuti di Stato, «le procedure devono essere rese più semplici, più rapide e più prevedibili, e devono consentire di fornire rapidamente un sostegno mirato, temporaneo e proporzionato, anche attraverso i crediti d’imposta, nei settori strategici per la transizione verde e che subiscono l’impatto negativo dei sussidi esteri».
Nel contempo, si precisa che per evitare una frammentazione del mercato unico, tra paesi ricchi e paesi poveri, i Ventisette vogliono rendere più facile l’uso dei fondi comunitari: «A tal fine, il denaro europeo dovrebbe essere impiegato in modo più flessibile. Dovrebbero anche essere esplorate opzioni per facilitare l’accesso ai finanziamenti. Il Consiglio europeo invita la Commissione e il Consiglio a garantire la piena mobilitazione dei finanziamenti disponibili e degli strumenti finanziari esistenti».
Aiuti di stato e fondo di sovranità comune: la soddisfazione della Premier Meloni
«Siamo molto soddisfatti dei risultati di questo Consiglio europeo, ma penso che valga la pena di appronfondirlo sui vari temi», ha commentato nella notte la Premier Giorgia Meloni.
Nella notte i Ventisette hanno anche discusso della guerra russa in Ucraina, promettendo nuovi aiuti a Kiev, anche armamenti pesanti, e di migrazione. Su quest’ultimo fronte i capi di Stato e di governo hanno preso atto della particolare situazione dei paesi chiamati a proteggere confini marittimi, come l’Italia.
In campo economico, la diplomazia italiana ha lavorato in queste settimane per ottenere un do ut des: il via libera a una controversa riforma degli aiuti di Stato in cambio di nuovi margini di manovra per quanto riguarda i fondi comunitari, in particolare quelli del piano nazionale di ripresa e resilienza.
«Bisogna ammettere che le condizioni di esborso del denaro del Pnrr non sono sempre facili da riunire», ammetteva nei giorni scorsi l’entourage del presidente del Consiglio europeo Charles Michel.
Aiuti di stato e fondo di sovranità comune: le modifiche al PNRR
L’Italia è in ritardo nello spendere i fondi del NextGenerationEU.
Il paese ha ottenuto finora tre esborsi per un totale di quasi 67 miliardi di euro, su un totale di 200 miliardi di euro messi a disposizione dall’Unione europea da qui al 2026.
In queste settimane, il governo Meloni ha sottolineato come diversi fattori, tra cui la forte inflazione, fanno sì che molti progetti siano superati. Bruxelles ha pubblicato la settimana scorsa linee-guida da utilizzare per eventualmente modificare il Pnrr.
Il documento di 60 pagine illustra possibili ragioni di modifica ai sensi degli articoli 14, 18 e 21 del testo legislativo che regolamenta il NextGenerationEU: l’introduzione di un capitolo RePowerEU nel Pnrr, una revisione delle misure per via di un aumento dei costi, la presenza di «circostanze oggettive» o l’aggiunta di progetti in modo da chiedere nuovi prestiti. Qualsiasi modifica, seppur minima, richiede un negoziato con l’esecutivo comunitario, e poi una decisione attuativa del Consiglio.
La proposta di introduzione di un capitolo RePowerEU nel piano nazionale di ripresa e resilienza deve essere presentata dai paesi membri entro il 30 aprile. Più in generale, «le modifiche apportate al Pnrr ai sensi degli articoli 18 e 21 – spiega altresì la Commissione europea – non dovrebbero ridurre l’ambizione complessiva dei progetti, in particolare per quanto riguarda le misure che rispondono alle raccomandazioni-paese e che contribuiscono al raggiungimento di obiettivi verdi e digitali».
Aiuti di stato e fondo di sovranità comune: lo scacchiere politico
La guerra in Ucraina ha aggravato la situazione economica in Europa, con l’aumento del prezzo dell’energia, in un momento in cui l’economia europea deve far fronte al disordine climatico.
Poi è arrivato il piano Usa di 369 miliardi di dollari per sostenere la transizione energetica, favorendo l’industria nazionale statunitense (piani del genere sono stati varati anche da altri paesi, come il Giappone, per non parlare del protezionismo cinese).
Il Consiglio europeo straordinario a Bruxelles cerca di mettere a punto una risposta. Ma l’intesa a 27 è ancora difficile. La Commissione ha presentato un piano di sostegno all’industria verde europea, ma al di là delle proclamazioni di rilancio della “sovranità” in campo industriale c’è il rischio reale di una fuga degli investimenti verso gli Usa, dove l’energia costa quatto volte meno e i sussidi promessi da Biden con l’Inflation Reduction Act (Ira) impongono una produzione “nazionale”.
Come rispondere? La Ue si è impegnata a raggiungere la neutralità carbonio nel 2050.
Dopo il piano di rilancio NextGenerationEu di 750 miliardi (prestito comune), adesso la strada più veloce è di accordare per un periodo temporaneo una maggiore “flessibilità” negli aiuti di stato. Era una domanda tedesca, fortemente appoggiata dalla Francia (o viceversa). Gli altri 25 sono molto reticenti, a diverso titolo.
Nel nuovo piano industriale per la competitività europea presentato dalla Commissione all’inizio del mese, c’è la proposta di rendere più semplici (o elastiche) le regole per favorire gli investimenti della tecnologia verde e di favorire gli investimenti subito attraverso un allentamento dei freni agli aiuti di stato.
La Commissione vuole limitare nel tempo (fino al 2025) e a certi settori – la clean tech – questi vantaggi.
Ma l’idea che piace alla Germania (che ha grandi possibilità di investimento pubblico) e alla Francia (che ha una tradizione di investimenti pubblici) lascia scettici molti partner, che temono una frammentazione del mercato unico, per distorsioni della concorrenza: Danimarca, Repubblica ceca, Ungheria, Lituania, Slovacchia e Polonia, hanno chiesto a Bruxelles “grande prudenza” su questa scelta, che rischia di portare danno al mercato unico.
L’Italia pensa la stessa cosa (perché ha poco margine di manovra finanziario).
Gli aiuti di stato sono già stati liberalizzati da Bruxelles negli ultimi anni, per permettere le risposte nazionali alla crisi del Covid e poi per quella dell’energia: ogni stato ha fatto quello che le proprie finanze hanno permesso (in Francia il quoi qu’il en coûte un whatever it takes francese per impedire i fallimenti e il crollo dei redditi, in Germania un piano di 200 miliardi di sussidi per l’energia).
Il problema, sottolineano alcuni stati, è che vengono permessi – temporaneamente – degli aiuti di stato, senza però fare come gli Usa, cioè imporre una “preferenza europea”.
La promessa per rimediare a questa falla è un “fondo di sovranità” europeo comune, di cui però i 27 parleranno al Consiglio europeo del 23 marzo e decideranno, eventualmente, a quello di giugno: non sarà un nuovo prestito comune, per ora è un riciclaggio dei soldi non spesi.
Ma nella storia della costruzione europea, tutte le volte che un’iniziativa è stata divisa in due azioni, il secondo atto (correttivo) non ha mai avuto luogo (è successo nel 1986, con il mercato unico con la promessa di fare l’Europa sociale più tardi, o nel 1988, con la liberalizzazione del mercato dei capitali, che avrebbe dovuto essere seguita da un’armonizzazione fiscale, che aspettiamo ancora).
Fonti e materiale di approfondimento
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