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Reddito di cittadinanza pro e contro dopo 4 anni

7‘ di lettura

Reddito di cittadinanza pro e contro – A tre anni dalla sua introduzione i dati del XXI Rapporto annuale dell’INPS forniscono un bilancio complessivo. Quasi 5 milioni le persone coinvolte per una spesa di circa 23 miliardi di euro. Dopo le elezioni politiche del 25 settembre scorso il destino della misura resta incerto, probabilmente si opterà per una riforma. Al centro il ruolo chiave dei centri per l’impiego per favorire l’ingresso nel mondo del lavoro dei beneficiari. (scopri le ultime notizie e poi leggi su Telegram tutte le news sul Reddito di Cittadinanza. Ricevi ogni giorno sul cellulare gli ultimi aggiornamenti su bonus, lavoro e finanza personale: entra nel gruppo WhatsApp, nel gruppo Telegrame nel gruppo Facebook. Scrivi su Instagram tutte le tue domande. Guarda le video guide gratuite sui bonus sul canale Youtube. Per continuare a leggere l’articolo da telefonino tocca su «Continua a leggere» dopo l’immagine di seguito).

Indice

Reddito di cittadinanza pro e contro: funziona davvero?

Il Reddito di cittadinanza funziona davvero? A tre anni dalla sua introduzione i dati dell’INPS forniscono un bilancio complessivo.

In questi 36 mesi la sua applicazione ha raggiunto 2,2 milioni di nuclei familiari, coinvolgendo 4,8 milioni di persone per un’erogazione totale di quasi 23 miliardi di euro. Sono questi i dati evidenziati nel XXI rapporto annuale dell’INPS, presentato lo scorso luglio.

L’importo medio per il mese di agosto 2022 è di 580 euro, ma varia sensibilmente a seconda del numero dei componenti del nucleo familiare.

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Quali sono gli svantaggi del Reddito di cittadinanza?

Il Reddito di cittadinanza potrebbe:

  • Essere troppo costoso per le casse dello stato;
  • Non essere adeguato a garantire più equità sociale degli strumenti offerti dal welfare;
  • Abolire il welfare.
Reddito di cittadinanza pro e contro: nella foto gente che passeggia

Reddito di cittadinanza pro e contro: i dati dell’INPS

Il Reddito di cittadinanza è una delle misure più discusse degli ultimi anni.

Si tratta del sussidio economico erogato in favore di famiglie e lavoratori che si trovano in uno stato di povertà o difficoltà economica e introdotto su proposta del Movimento 5 Stelle nel 2019.

Per ricevere il sostegno è necessario essere in possesso di specifici requisiti e i beneficiari sono tenuti a sottoscrivere il patto di servizio, una serie di accordi che delineano un percorso di reinserimento nel mondo del lavoro presso i Centri per l’impiego.

L’aspetto più controverso della misura risiede proprio nei risultati ottenuti dai CPI al netto delle risorse impiegate, che trovano lavoro solamente ad una fetta ridotta di percettori.

A tre anni dall’implementazione del reddito di cittadinanza, l’INPS, che gestisce l’erogazione del sostegno, ha diffuso una serie di dati con il XXI rapporto annuale pubblicato lo scorso luglio.

Nei primi 36 mesi di applicazione (aprile 2019-aprile 2022) la misura ha toccato 2,2 milioni di nuclei familiari, coinvolgendo quasi 5 milioni di persone, per un’erogazione totale di circa 23 miliardi di euro.

L’importo varia sensibilmente a seconda del numero dei componenti del nucleo, da 453 euro per una singola persona a 734 euro per le famiglie con cinque componenti. Solo ad agosto sono state 2,3 milioni le persone coinvolte.

Come si legge nel rapporto, le caratteristiche dei nuclei beneficiari si sono stabilizzate nel tempo, confermando che il totale dei percettori è composto per due terzi da persone che non hanno mai lavorato, minori, over 65 e disabili.

Ma soprattutto, solamente il 33 per cento dei percettori in età lavorativa ha lavorato nel 2018/2019.

Dall’analisi, emerge, però, anche il fatto che i percettori “stabili” del RdC che lavorano sono impiegati in circa il 60 per cento dei casi, con contratti a termine e a tempo parziale. In questi casi è proprio grazie alla presenza del sussidio che la maggior parte dei cosiddetti lavoratori poveri riesce a rimanere sul mercato del lavoro e ad ottenere un guadagno che permette loro di sopravvivere.

In senso generale, quindi, il Reddito di Cittadinanza funziona come strumento di assistenza contro la povertà nei confronti di chi non può lavorare per condizioni soggettive ed oggettive; non funziona bene, invece, come strumento di politica attiva e di stimolo all’occupazione.

Il problema è proprio la ricerca dell’impiego e l’inserimento efficace nel mondo del lavoro.

I CPI nonostante le risorse impiegate (si guardi ad esempio ai navigator) non sono riusciti a raccogliere la sfida. Secondo i dati INAPP, questi trovano lavoro solamente al 4 per cento dei presi in carico, senza considerare unicamente i percettori del reddito.

Reddito di cittadinanza pro e contro: il collocamento lavorativo 

Il rafforzamento di politiche attive, dei Centri per l’impiego e della formazione professionale è uno dei punti chiave che individua l’INPS nella sua relazione.

Interventi in questo senso potrebbero portare alla soluzione cercata finora per riuscire a mantenere in vita la misura ed effettivamente aiutare i percettori ad inserirsi nel mondo del lavoro.

Guardando i risultati ottenuti recentemente dal Programma Gol, che non si rivolge ai soli percettori del reddito di cittadinanza, ma a tutti i beneficiari di ammortizzatori sociali o altri sostegni al reddito, i lavoratori fragili e i disoccupati, sembrerebbe che ci si stia muovendo nella direzione giusta.

Del suo debutto, infatti, sono stati attivati quasi 200.000 percorsi per facilitare l’inserimento dei beneficiari nel mondo del lavoro, in anticipo sull’obiettivo europeo e in linea con la riforma delle politiche attive prevista dal PNRR.

Buona parte del successo del Programma deriva dall’elevata personalizzazione dei percorsi dedicati ai beneficiari.

Un potenziamento degli interventi in questa direzione potrebbe portare ad una maggiore probabilità di inserimento dei beneficiari nel mondo del lavoro, consentendo di mantenere attiva la misura del Reddito di cittadinanza.

Reddito di cittadinanza pro e contro: favorevoli o contrari? 

Reddito di cittadinanza pro e contro. Il dibattito sul Reddito di cittadinanza risente spesso di un vizio formale causato dalle diverse nomenclature utilizzate.

Si discute, infatti, spesso facendo confusione, di un reddito di cittadinanza o di un reddito minimo garantito.

Tra le due opzioni esistono differenze sostanziali che giustificano differenti prese di posizione: se il primo è una misura universale e incondizionata – cioè non condizionata allo svolgimento di un’attività lavorativa e estranea alle logiche salariali – il secondo è condizionato da fattori quali la soglia di povertà, la reciprocità di obblighi, lo svolgimento dell’attività lavorativa proposta.

In Italia, il governo Conte M5S-Lega, il 17 gennaio 2019, ha approvato il decreto-legge «Disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni», entrato in vigore il 29 gennaio 2019.

La misura portata avanti dal M5S si configura però più come un reddito minimo garantito, visto che il beneficio previsto non è né universale né incondizionato.

Il tema del Reddito di cittadinanza è stato trattato da diversi punti di vista e analizzato a partire da differenti visioni politico-economiche: Neoliberisti (Milton Friedman), Marxisti (André Gorz),Libertari, Comunitaristi che condividono consensi e criticità.

Le analisi sottendono la comprensione della società del lavoro e la sua trasformazione negli anni più recenti. Le discussioni vertono tanto su problematiche economiche, quanto su argomentazioni di carattere ideologico e morale.

Fonti e materiale di approfondimento

Ecco gli articoli preferiti dagli utenti sul Reddito di cittadinanza:

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