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Rdc 2023 e donne in gravidanza: addio dopo 7 mesi?

5‘ di lettura

Reddito di cittadinanza 2023 e donne in gravidanza: secondo la nuova normativa le donne incinte rischiano di perdere il Reddito di cittadinanza dopo 7 mesi di beneficio. È davvero così? Ci sono delle novità? Scopri i dettagli nell’approfondimento (scopri le ultime notizie e poi leggi su Telegram tutte le news sul Reddito di Cittadinanza. Ricevi ogni giorno sul cellulare gli ultimi aggiornamenti su bonus, lavoro e finanza personale: entra nel gruppo WhatsApp, nel gruppo Telegram e nel gruppo Facebook. Scrivi su Instagram tutte le tue domande. Guarda le video guide gratuite sui bonus sul canale Youtube. Per continuare a leggere l’articolo da telefonino tocca su «Continua a leggere» dopo l’immagine di seguito).

Indice

Reddito di cittadinanza 2023 e donne in gravidanza: per quanto tempo prendono il sussidio?

Secondo l’obbiettivo del Governo Meloni, il Reddito di cittadinanza (fino alla sua eliminazione totale nel 2024) dovrà essere erogato a chi non è occupabile, mentre dovrà essere tolto a chi può lavorare.

Su questo punto, però, c’è una “vacatio legis” (manca la legge) riguardante le donne in attesa, le quali non sono state considerate dalla nuova normativa.

Le donne incinte, infatti, non sono state inserite tra i casi “eccezionali” di percettori dell’Rdc che possono continuare a beneficiare del sussidio oltre i 7 mesi.

Ecco perché, se non sarà emanato un decreto integrativo, le future mamme rischieranno di perdere il beneficio tra qualche mese, essendo tra coloro che possono riceverlo solo per 7 mesi.

Ancora non si sa se questa sia stata una scelta consapevole del Governo o se sia stata semplicemente una dimenticanza. Se fosse giusta la seconda opzione, dovrebbe esserci una rettifica a breve.

Secondo la normativa, infatti, solo le famiglie con all’interno over 60, disabili o figli minori, possono continuare a percepire il Reddito di cittadinanza per 12 mesi, invece che per 7 come nella generalità dei casi.

Per scongiurare la decadenza del Reddito di cittadinanza dopo 7 mesi, quindi, è necessario che nella DSU compilata per ottenere l’ISEE aggiornato, siano inclusi componenti over 60, disabili o figli minorenni.

Il precedente Decreto n. 4 del 2019, convertito poi in legge, però, inserisce le donne in stato interessante tra i soggetti non occupabili. Quindi perché non sono state indicate tra coloro che non decadono dal Reddito di cittadinanza dopo 7 mesi? Il Governo apporterà questa modifica a breve?

Reddito di cittadinanza 2023 e donne in gravidanza: quando rischiano di decadere?

Se il Governo non apporterà la modifica indicata nel primo paragrafo, riguardante le donne in gravidanza come soggetti non occupabili e che possono godere dell’Rdc anche per 12 mesi, le donne incinte decadranno in automatico dal beneficio dopo il settimo mese di percezione.

Alla nascita del figlio, ovviamente, sarà possibile presentare una nuova domanda di Reddito di cittadinanza, ma solo dopo aver compilato una nuova DSU, con l’inserimento del minore e aver aggiornato l’ISEE.

In questo modo, con l’entrata in famiglia del minore, verrà meno anche l’obbligo dei 7 mesi e si potrà percepire il sussidio per un anno.

Considerando, però, che dal primo gennaio 2024 la misura sarà cancellata, i tempi sono davvero ristretti.

Non si può far alto che attendere la nuova misura di sostegno alla povertà che il Governo Meloni introdurrà e sperare di rispettarne i requisiti.

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Reddito di cittadinanza 2023 e donne in gravidanza: requisiti

I requisiti indispensabili per ottenere il Reddito di cittadinanza 2023, anche per le donne in attesa, sono i seguenti:

  • ISEE inferiore a 9.360 euro;
  • Patrimonio immobiliare, diverso dalla prima casa, non superiore ai 30.000 euro;
  • Patrimonio mobiliare non superiore a 6.000 euro;
  • Reddito familiare inferiore a 6.000 euro moltiplicato per i valori della scala di equivalenza che trovi in questo elenco:
    • Pari a 1 per il primo componente del nucleo;
    • Aumentato di 0,4 per ogni ulteriore componente di età maggiore di 18 anni;
    • Aumentato di 0,2 per ogni ulteriore componente minorenne, fino a un massimo di 2,1.

I patrimoni presi in considerazione sono quelli di due anni prima della data di presentazione della Dsu.

Si decade dal beneficio nei seguenti casi:

  • se il percettore trova lavoro e non effettua la dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro (DID);
  • non sottoscrive il Patto per il lavoro o il Patto per l’inclusione sociale;
  • non partecipa alle iniziative di carattere formativo o di riqualificazione del Centro per l’Impiego;
  • non aderisce ai progetti utili alla collettività, se previsti;
  • non accetta almeno una di due offerte di lavoro congrue, dopo la Legge di Bilancio, già la prima offerta;
  • non comunica l’eventuale variazione della condizione di lavoro oppure effettua comunicazioni false;
  • non presenta una DSU aggiornata in caso di variazione del nucleo familiare;
  • lavori in nero;
  • automaticamente passati 7 mesi;
  • se non si partecipa alle convocazioni del Centro per l’Impiego;
  • se non si partecipa ai corsi di formazione;
  • se non si termina l’obbligo scolastico;
  • se si rifiuta la prima offerta di lavoro congrua.

Il centro per l’impiego convoca il soggetto che percepisce mensilmente la misura, per proporre un lavoro o un corso di formazione.

Ci si può non presentare alla convocazione del Centro per l’Impiego, solo con assenza giustificata per:

  • malattia o infortunio, comprovati da documenti;
  • servizio civile o di leva;
  • gravidanza;
  • citazioni in tribunale;
  • gravi motivazioni familiari documentate;
  • ogni altra motivazione di impedimento oggettivo dimostrabile.

La comunicazione ufficiale dell’assenza deve essere notificata al Centro per l’Impiego prima della data dell’incontro oppure entro 24 ore dopo la data indicata.

Abbiamo visto il Reddito di cittadinanza 2023 e donne in gravidanza.

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