Berlusconi è stato assolto nel Ruby Ter, e questa è una notizia che ha scosso sia opinione pubblica che stampa, con riflessi ovvi nel mondo della politica.
La grande domanda è: come mai? O meglio, possiamo parlare dell’assoluzione prima del deposito della sentenza?
La risposta è sì, con quanto riguarda gli elementi che conosciamo e le dichiarazioni della settima sezione penale del tribunale di Milano, sapendo che nei prossimi 90 giorni arriverà la sentenza in integrale e ci toglierà ogni dubbio residuo.
Perché Berlusconi è stato assolto nel Ruby Ter
La decisione della corte sostanzialmente è una assoluzione con formula piena per insussistenza del fatto.
Il fatto di cui parliamo in questo caso non sono le “cene eleganti” ma l’accusa di corruzione in atti giudiziari discussa nello stralcio chiamato “Ruby Ter”. Ovvero l’idea che l’ex Premier Silvio Berlusconi abbia versato 10 milioni di euro, tra il 2011 e il 2015, alle giovani ospiti di quelle feste a villa San Martino per mentire o non dire la verità durante i precedenti processi.
L’ex Premier non ha mai negato di aver fornito denaro alle giovani ribattezzate “Olgettine” dalla stampa, ma di aver compiuto tale gesto per mera liberalità, o meglio per una sorta di risarcimento per essere state trascinate nelle vicende giudiziarie del “processo Ruby” nel suo complesso vedendo le loro vite trascinate nel fango e nella pruriginosa curiosità mediatica.
La questione è che viviamo in un paese dove i reati sono fattispecie tipiche e molto specifiche. Per garanzia di tutti noi nessuno può essere condannato se non in forza di un reato previsto dalla legge. E non di un reato che ci somiglia un po’.
La corruzione in atti giudiziari postula due soggetti e un oggetto: un corruttore che versa o promette danaro e altre utilità a dei corrotti, dei pubblici ufficiali o persone che ne ricoprono natura allo scopo di ottenere una indebita decisione “pilotando” l’esito del procedimento. Banalmente parlando di testimoni, per far dire loro il falso.
Ma le ragazze definite testimoni nel Ruby Ter avrebbero dovuto invece ricoprire il ruolo di imputate.
Un imputato è radicalmente diverso da un testimone: il testimone non può mentire o essere reticente ad esempio, l’imputato invece non è tenuto ad autoaccusarsi, quindi nemo se detegere.
L’imputato non è un testimone, quindi non ha qualifica di pubblico ufficiale: se le testimoni non erano tali, quindi esse non erano pubblici ufficiali.
Se non erano pubblici ufficiali, Berlusconi non può aver dato o promesso loro denaro per compiere una azione in una veste che non avevano.
“La falsa testimonianza può essere commessa solo da chi legittimamente riveste la qualità di testimone. Se viene assunto come ‘testimone’ un soggetto che non poteva rivestire tale qualità perché sostanzialmente raggiunto da indizi per il reato per cui si procede o per altro ad esso connesso, la possibilità di punirlo per dichiarazioni false è esplicitamente esclusa” si spiega nella nota. La corruzione in atti giudiziari “sussiste solo quando il soggetto corrotto sia un pubblico ufficiale. Per giurisprudenza costante, la persona che testimonia assume un pubblico ufficio e le Sezioni Unite della Cassazione hanno chiarito che il giudice chiamato ad accertare la fattispecie correttiva deve verificare se il dichiarante che si assume essere stato corrotto sia stato o meno correttamente qualificato come testimone”, riporta la nota rilanciata dalla stampa come ADKronos.
Un esito già scritto quindi quando due anni fa il Tribunale aveva, per la medesima ragione, rigettato l’uso delle testimonianze delle stesse.
Dopo il deposito della sentenza sapremo se l’accusa deciderà per l’appello.
Le reazioni dell’imputato
Naturalmente l’imputato non può che esserne soddisfatto “Sono stato finalmente assolto dopo più di undici anni di sofferenze, di fango e di danni politici incalcolabili, perché ho avuto la fortuna di essere giudicato da Magistrati che hanno saputo mantenersi indipendenti, imparziali e corretti di fronte alle accuse infondate che mi erano state rivolte”
Dichiara Silvio Berlusconi, mentre i suoi cari si uniscono al festeggiamento, parlando però di un prezzo troppo alto.
Karima el Mahrug, la donna il cui “soprannome” ha dato il nome al processo, “nume mediatico” del processo con qualche fake intestata a suo nome censita nei nostri archivi, parimenti dichiara: “Ruby è stata tutta un’invenzione – ha detto Karima el Mahroug – il mio nome rimane Karima e ora è finito un incubo. Ho bisogno di tempo per assimilare – ha aggiunto – ma sono contenta perchè finalmente una parte di verità è venuta fuori”.
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