Roma, 7 apr – Se fino ad ora l’Anpi si è arrogato il compito, mai delegatole da nessuno, di riscrivere la storia che ha fondato su fantasie e, quando la fantasia scarseggia, su vere e proprie balle venute fuori da quei vuoti creati dal taglia e cuci operati a loro immagine e somiglianza, oggi tutto questo non le basta più e con il “ritorno (eterno) del fascismo” – funzionale ed essenziale per i “novelli partigiani” altrimenti non potrebbero più esistere (e non potrebbero nemmeno continuare ad incassare fiumi di denaro di Stato elargiti anche dall’attuale governo “fascista”) – si erge a difesa delle menzogne propinate che, con il disincanto del tempo, dopo un secolo, ormai non reggono più. Dunque, cosa fa? Protesta affinché gli altri non parlino. Accade a Milano, in occasione del convegno organizzato da “un editore nero”, per dirla alla Berizzi, l’esempio più eccellente di come ancora si campa grazie al fascismo, che ha per argomento della discussione “Borovnica e altri campi di Tito”, titolo di un libro delle edizioni di Ritter. Di quei campi terribili non si deve parlare.
Così l’Anpi vuole censurare i crimini di Tito
I difensori della dem-ocrazia, nella loro veste più spuria di anti-tutto, mica si presentano democraticamente al dibattito e cercano di misurarsi con il contraddittorio al solo fine di ricercare quella verità che non può mica trovarsi nel mezzo, ma è sicuramente sotto la spessa coltre di menzogne con cui hanno provato a “rifondare” il mondo. No, loro frignano, si appellano a chiunque e, come riporta il quotidiano Il Giorno, “invitano tutti e tutte (poteva mai mancare!) coloro che trovano assurdo e ingiustificabile che vengano concessi spazi pubblici a coloro che non condividono i valori costituzionali – antitaliani anche nella lingua con cui si esprimono – al presidio di domani sera (del 6 aprile, ndr), a pochi giorni dal 25 aprile. Contro coloro che non lo festeggiano e anzi lo disprezzano in maniera sprezzante”.
Quindi, i pronipoti dei banditi in foulard rosso chiedono giustificazioni al Municipio VIII che, per bocca della numero uno del parlamentino Giulia Pelucchi, ha pronta la pezza (rossa) con cui si giustifica dicendo che “L’ente promotore dell’iniziativa, Comitato 10 febbraio, ha preso in affitto (pecunia non olet?) i locali attraverso una procedura esclusivamente amministrativa che non coinvolge né Giunta né Consiglio Municipale”. Tutto in regola, dunque, ma non basta: “Come maggioranza prendiamo assoluta distanza dai promotori e ribadiamo con orgoglio i valori democratici (chissà quali!) e antifascisti (ecco!) su cui si fonda il nostro paese e la nostra città, medaglia d’oro nella lotta di Liberazione”. E rincara la dose: “Come Presidente mi impegno sin da ora a rivedere le modalità di concessione degli spazi, per evitare che si ripetano situazioni analoghe in cui una qualsiasi associazione può firmare l’adesione ai principi della Costituzione italiana invitando poi relatori che dichiaratamente ne contrastano i valori. […] Ho già richiesto di poter vedere la procedura di concessione”. Alla faccia della democrazia, della pluralità e dell’inclusione che predicano urbi et orbi. Insomma, ancora un uso “gramsciano” delle istituzioni su cui nemmeno il fratello antifascista del fascista Mario Gramsci sarebbe d’accordo.
La paura della verità storica
Ma come, proprio loro non riescono “democraticamente” a confrontarsi, tanto da essere costretti ad appellarsi all’oblio e ai democratici divieti? “E allora Borovnica?”. Cosa non si deve sapere? Che esistevano campi di concentramento titini? Che lì i partigiani rossi concentravano militari, italiani e fascisti a guerra finita? Che i campi di concentramento non erano campo di lavoro quando ormai non c’era più del lavoro da fare? Che proprio lì, sotto la direzione del boia jugoslavo, uomini e donne italiani trovarono la morte con il metodo della crocifissione o del trascinamento? O semplicemente che l’Anpi vuole nascondere i crimini commessi a danno dei loro stessi connazionali? No, fa più impressione la verità storica che non si infoiba rispetto ai loro petalosi deliri isterici. Nonostante i loro petalosi deliri isterici. Chissà che da lor signori, sic stantibus rebus, non si renda necessaria la proposta (e la pretesa) di istituire “democratici tribunali popolari antifascisti” cui delegare le decisioni su chi far parlare e su cosa. Proprio come nella Jugoslavia di Tito.
Tony Fabrizio
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