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Messina Denaro, il Ros, il papello: dopo gli applausi via alle dietrologie| CulturaIdentità

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Non avevo dubbi che sarebbe accaduto. 

Sono passate poco più di 24 ore dalla cattura di Matteo Messina Denaro, l’ultimo boss latitante della drammatica stagione delle stragi, che si scatenano sui social gli appassionati della dietrologia, ultima versione 4.0 del chiacchiericcio, ossia – come ci dice il dizionario Treccani – quel chiacchierare prolungato e molesto di più persone, diceria maligna, pettegolezzo

E, ne sono certo: tra qualche giorno, superata l’euforia del successo dei carabinieri, del Ros e dello Stato, non mancheranno giornalisti che, soprattutto vicini a quelle aree politiche che da sempre hanno sostenuto con passione e fervore, teorie complottiste trasformate in processi, riprenderanno in modo sistemico il filone. 

Ed i segnali si sono già visti. Tralasciando il “basso giornalismo” di chi si è soffermato su preservativi e viagra rivenuti nell’abitazione del boss, già si è cominciato a ricordare che, secondo alcuni pentiti, dichiarati attendibili, ma su cui e sulla cui gestione vi sarebbe molto da dire, Messina Denaro avrebbe ricevuto in eredità da Toto Riina il fantomatico “papello”, ossia la lista di richieste e condizioni avanzate da Cosa Nostra per porre fine alle stragi del 1993 di Roma, Firenze e Milano, cuore di un’asserita Trattativa tra lo Stato e la Mafia. 

Tutta la storia del “Papello”, lo ricordiamo, ruota attorno alla storia di Massimo Ciancimino, figlio di Don Vito,  creatura giudiziaria uscita dalle mani di Antonio Ingroia e Nino Di Matteo, i quali passo dopo passo hanno costruito il processo sulla c.d. Trattativa¸ portando sul banco degli imputati il Generale Mario Mori ed il colonnello Giuseppe De Donno. 

Il teorema che, attraverso una serie di processi corollari e propedeutici, si era sviluppato, avrebbe voluto l’arresto di Riina parte del “pacchetto” di accordi tra Ros e un’altra ala dei Corleonesi, facente capo a Bernardo Provenzano, “U’Tratturi”.

Di qui un primo processo sulla mancata perquisizione al c.d. covo di Riina, che ha visto imputati il Generale Mori ed il colonnello Sergio de Caprio, noto come “Ultimo”. 

Assolti entrambi. Intanto Ingroia senza appellare la sentenza, se non nei salotti televisivi  di Travaglio e Santoro ove sottolineava che secondo lui “dovevano essere condannati”, già imbastiva  il secondo round: il processo per l’asserita mancata cattura  di Provenzano, costato altri anni da imputato al Generale Mori e questa volta al colonnello Mauro Obinu, diretto superiore di “Ultimo”. Anche qui sentenze assolutorie definitive. 

Round finale: il processo sulla Trattativa, dopo una discutibile condanna in primo grado che ha riabilitato una serie di testimoni e pentiti, già sconfessati sugli stessi argomenti,  dalla sentenza assolutoria sulla mancata cattura di Provenzano,  ha cercato in appello, pur assolvendo gli ufficiali del ROS, di salvare capra e cavoli. Ma di certo il Presidente della Corte Pellino ha ricordato che «a far dubitare della autenticità del documento definito “papello”, consegnato da Massimo Ciancimino, sono le sicure modifiche apportate dallo stesso Ciancimino assieme alla persistente incertezza sul vero autore del documento” 

Ciancimino che in alcune intercettazioni ambientali collocate in Veneto presso l’abitazione di un imprenditore calabrese vicino ai Piromalli, offrendosi di verificare se quest’ultimo fosse indagato – e a quanto pare lo era – precisava – ridendo – di essere «un icona dell’antimafia per i Pubblici Ministeri di Palermo» e che «negli uffici della procura di Palermo io faccio quello che minchia voglio».

Questa storia va così ricordata a chi, con superficialità si lasca prendere da tentazioni complottiste intrise di dietrologie.

“Messina Denaro, stanco e ammalato ha trattato con lo Stato” O ancora: “Caso strano! Si fa arrestare oggi nel pieno del dibattito sull’ergastolo ostativo”

Che Messina Denaro – aduso sinanche a selfie durante la latitanza (ve lo immaginate Riina in un selfie?)- fosse oramai un “reperto archeologico di Cosa Nostra”, come dice, il mio amico Salvino Paternò, sbirro di razza,  in uno dei suoi brillanti ed acuti post su facebook, potrei anche essere d’accordo. 

Anzi vado oltre: Cosa Nostra, quella terribile dei Corleonesi è finita da un pezzo. All’epoca non avremmo mai potuto assistere a flashmob o ad abbracci commossi a carabinieri da parte di cittadini di ogni età. 

Ma se Messina è un reperto archeologico, lo è diventato grazie soprattutto ad anni di indagini difficili, spesso ostacolate, condotte dal ROS in territori intrisi di complicità e omertà, grazie alla progressiva disarticolazione della sua rete di fiancheggiatori, grazie al sequestro di ingenti patrimoni. 

Voglio allora solo sperare che, memori delle esperienze passate, ogni operazione di perquisizione e sopralluogo nell’appartamento o in altri covi dell’ultimo boss stragista, sia stata filmata dai carabinieri. Non sia mai che qualcuno insinui sui social o ispiri qualche pentito o testimone mitomane, spingendolo a propalare la malsana ipotesi della volontaria sparizione di un “Papello” che non c’è…. Già: proprio come l’isola di Peter Pan. 

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