Roma, 24 mar – Dal Trentino si continua a parlare di orso; a volte bene, quando fa comodo, a volte male, quando l’animale “non è più utile” alla vocazione regionale turistica. All’inizio di marzo l’animale soprannominato MJ5 ha ferito un escursionista trentottenne in Val di Rabbi, in provincia di Trento, attirandosi ancora una volta l’ira di cacciatori e politica. L’orso Johnny è nato nel 2005 da Maja e Joze, i due orsi sloveni pionieri del progetto Life Ursus sulle Alpi, finanziato dall’Unione Europea e volto a ripopolare il Trentino Alto Adige e le province di Sondrio e Verona, con i grossi animali per regolare la fauna alpina. “Finanziato dall’Unione Europea per dare vita a un nucleo di orsi bruni nell’area del Trentino occidentale e nelle provincie di Bolzano, Sondrio e Verona. Oggi MJ5 ha 18 anni e nell’ultimo periodo ha frequentato soprattutto la zona dolomitica del Brenta meridionale, senza tuttavia dimostrarsi mai pericoloso o “problematico”. Situazione che però, come abbiamo potuto vedere è cambiata recentemente.
Radiocolarizzazione o abbattimento?
Una volta reintrodotto l’animale dai Balcani, quindi, per monitorare e ridurre i rischi di aggressione di orsi all’uomo, gli esperti avevano introdotto il sistema di controllo mediante l’applicazione di un radiocollare che nasconde però rischi intrinseci che non si possono sottovalutare. Su 50 orsi catturati per operazioni definite di routine, infatti, i decessi dovuti a complicazioni legate alla telenarcosi sono stati ben 4, costati la vita a KJ2G1 nel 2008, Daniza nel 2014, JJ5 nel 2015, F43 poco più di 6 mesi fa. Proprio in questi giorni la Provincia Autonoma di Trento ha rassicurato che “si rende necessario precisare che ad oggi non è stato acquisito alcun parere di Ispra finalizzato alla rimozione dell’orso MJ5” e che “la cattura finalizzata alla sola radiocollarizzazione per il monitoraggio di esemplari problematici non necessita di ulteriori autorizzazioni rispetto a quella già in vigore per tale scopo e che il presidente della Provincia ha rilasciato con il parere favorevole di Ispra già prima dell’aggressione avvenuta lo scorso 5 marzo”.
L’orso trentino importato dalla Slovenia
In politica come nel mondo contadino, però, negli ultimi giorni si fanno sempre più energici gli appelli per l’eliminazione fisica dell’animale. Agricoltori e allevatori lamentano danni alle coltivazioni e alle proprietà, mentre i cacciatori più accaniti invocano il diritto di una sorta di battuta di caccia per risolvere il problema a modo loro e banchettare sulla carcassa dell’ignaro animale. Il territorio trentino è votato da sempre a poca agricoltura ed al piccolo allevamento che è stato così messo in pericolo dalla presenza dell’orso Bruno. Inoltre non è nemmeno corretto paragonare la situazione dell’orso Bruno europeo in Trentino con quella dell’orso marsicano in Abruzzo, in primis data l’indole più schiva e le dimensioni più ridotte di quest’ultimo, che difficilmente attacca il bestiame e che può essere facilmente allontanato da un cane anti orso. Insomma; prima lo introducono dall’estero e poi si lamentano.
La protesta degli attivisti de La Foresta Che Avanza
Con un’affissione di striscioni coordinata a livello nazionale e un flash mob davanti alla sede dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale a Roma, il gruppo ecologista La Foresta Che Avanza chiede che venga ritirato l’ordine di abbattimento dell’orso MJ5, ordinato dalla provincia autonoma di Trento, precisando che MJ5 vive da tanti anni in Trentino e non ha mai manifestato aggressività verso l’uomo. Gli attivisti di FCA sostengono che l’ISPRA si deve opporre al procedimento preso dalla provincia. “Questa strategia adottata da ormai troppo tempo è deleteria – comunica in nota la Foresta Che Avanza – Bisogna applicare misure dissuasive e preventive che possano rendere possibile la convivenza tra uomo e fauna selvatica. Ad esempio, un maggiore monitoraggio dell’areale di distribuzione dei plantigradi. Monitorare in tempo reale la presenza di individui in aree non protette per essere in grado di agire tempestivamente con interventi gestionali mirati, come ad esempio: interlocuzioni con istituzioni locali e private; informazione ai cittadini; accordi con cacciatori e gestori delle strade; protezione delle attività zootecniche e agricole”.
“L’orso è un patrimonio naturale del nostro territorio”
Il gruppo ecologista spiega poi quali potrebbero essere le tecniche di dissuasione o azioni reattive: “tecnica di condizionamento negativo che prevede la somministrazione, continua e coerente di stimoli negativi ad un orso, al fine da ridurne la manifestazione del comportamento confidente”. Le azioni, consistono in assumere posture di dominanza nei confronti dell’orso, produrre rumore e arrecare dolore attraverso l’uso di proiettili di gomma non letali. FCA propone poi l’uso della moderna radiotelemetria: tecnica di monitoraggio e/o di ricerca che si basa sulla dotazione di un radiocollare ad un animale. Consente di monitorarne gli spostamenti. “L’orso è un patrimonio naturale del nostro splendido territorio – conclude la Foresta Che Avanza – in quanto tale va tutelato e salvaguardato, non braccato e ucciso”.
Michele Fine
Ti è piaciuto l’articolo?
Ogni riga che scriviamo è frutto dell’impegno e della passione di una testata che non ha né padrini né padroni.
Il Primato Nazionale è infatti una voce libera e indipendente. Ma libertà e indipendenza hanno un costo.
Aiutaci a proseguire il nostro lavoro attraverso un abbonamento o una donazione.