Roma, 10 gen – Aboliamo la proprietà! Sì, ma quella degli altri. Potrebbe cominciare così un’ipotetica prolusione dei vertici di Rifondazione Comunista per difendere la propria richiesta di non pagare l’Imu. Infatti, i nostalgici del vetero-comunismo si lamentano di non riuscire a pagare le tasse sugli immobili del partito e chiedono un’esenzione.
Rifondazione non vuole pagare l’Imu
Rifondazione Comunista può vantare un patrimonio immobiliare non indifferente. Tra fabbricati e terreni vari, il valore totale si stima intorno ai 7 milioni di euro. Almeno stando a quanto pubblicato nel bilancio del 2021. Una cifra niente male, soprattutto se messa in relazione agli scarsi risultati elettorali di un partito il quale è ormai ai margini della politica italiana. Che ci sia una sproporzione lo dimostrano anche le difficoltà dei reduci della falce e martello nel pagare le tasse dovute. L’Imu relativa ai beni immobiliari di proprietà ammonterebbe a 150mila euro. Come confermato dal segretario Maurizio Acerbo: “Paghiamo un’Imu notevole, complessivamente di oltre 150mila euro, per proprietà comprate con i sacrifici dei militanti”. Soldi che quelli di Rifondazione non sembrano intenzionati a sganciare, tanto da riscoprirsi d’un tratto turboliberisti e chiedere la cancellazione dell’Imu, quantomeno per sé stessi.
Le difficoltà economiche
Per Acerbo, le sedi di Rifondazione sarebbero “presidi di democrazia del territorio aperte ai comitati di cittadini”, per questo, secondo il suo ragionamento, andrebbero esentate per legge dal pagamento dell’Imu come le “associazioni ed enti no profit che svolgano attività sociali”. Il tutto si innesta su un “enorme danno economico”, rappresentato dall’esclusione di Rifondazione Comunista dal 2×1000 per i partiti. Fino a due anni fa per ricevere il 2×1000 e altre detrazioni bastava che qualche parlamentare, anche del Gruppo misto, si accreditasse come rappresentante di quella lista. Una riforma ha, però, limitato il riconoscimento dei nuovi gruppi parlamentari, lasciando fuori partiti appunto come Rifondazione. Una situazione che Acerbo ammette: “Ci costringerà a mettere a rischio la nostra presenza sul territorio”. Alle difficoltà economiche Rifondazione Comunista aveva provato a rispondere vendendo la propria sede di via del Policlinico a Roma. Un sacrificio che evidentemente non è bastato.
Michele Iozzino
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