È ufficiale: d’ora in poi, disseminate su queste pagine, troverete anche le “mine satiriche” del sottoscritto. E, a pensarci bene, non poteva che essere altrimenti. Perché nell’epoca post-umana del globalismo, in cui la parole d’ordine è la fluidità, c’è solo una cosa che risulta più imperdonabile di una rivista che mette insieme, fin dalla testata, il concetto di cultura con quello d’identità. Ed è l’ostinazione di continuare a ridere e fare satira. Follia pura in tempi di totalitarismo del politicamente corretto in cui, per non urtare la sensibilità degli altri, stiamo rinunciando a noi stessi. Alla nostra arte, alla nostra bellezza, alla nostra libertà. Compresa quella di prenderci gioco del potere, proprio come facevano i nostri padri.
Era inevitabile, dunque, che CulturaIdentità aprisse le porte alla satira. Un genere nato a Roma nel III secolo Avanti Cristo. Una delle poche forme artistiche e lettararie “autoctone”, non ereditate dalla cultura ellenistica. Dunque la più identitaria di tutte.
“Satura quidem tota nostra est”, scriveva Quintiliano più di duemila anni fa. Oggi i buffoni pretoriani del pensiero unico vorrebbero tacitarla. E noi, che invece siamo persone serie, continuiamo a ridere ancora più forte.