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“I Fontana condannati senza prove”, così la Cassazione smontò Pignatone – Il Riformista

L’inchiesta Leonia

Paolo Comi — 15 Marzo 2023

“I Fontana condannati senza prove”, così la Cassazione smontò Pignatone

«Le risultanze acquisite nel processo non hanno individuato un solo atto utile ad esteriorizzare il metodo mafioso esercitato da taluno in nome e per conto della nuova associazione Fontana», scrivono i giudici della Cassazione nella sentenza con cui, a novembre del 2021, hanno assolto per non aver commesso il fatto Giovanni Fontana ed i suoi 4 figli dall’accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso.

E poi: «Dall’istruttoria dibattimentale in modo inequivoco mai nel periodo dal 2001 al 2012 i Fontana si sarebbero resi protagonisti di alcun episodio di matrice mafiosa. In questo modo hanno deposto all’unanimità i testi. Tutto il processo si caratterizza per la totale assenza di rapporti o contatti tra i fratelli Fontana ed i personaggi appartenenti alle cosche». La Cassazione cancellava così una inchiesta durata 21 anni, rilevando l’assoluta inconsistenza del teorema accusatorio ed il modus operandi della Procura di Reggio Calabria allora diretta da Giuseppe Pignatone. Il ‘meccanismo’ consisteva nell’utilizzare una denuncia a carico di ignoti per svolgere gli accertamenti. Le notizie acquisite determinavano poi l’apertura di procedimenti a carico di noti che, pur non avendo elementi utili, non venivano archiviati, consentendo altre indagini da parte del Gico della guardia di finanza senza alcun rispetto dei termini processuali.

A carico dei Fontana venivano complessivamente aperti 8 procedimenti, con una ‘accurata’ selezione del materiale, evitando elementi idonei a sconfessare l’intero impianto accusatorio. Di fatto un grave pregiudizio per le difese che non avevano la possibilità di conoscere il contenuto dei vari fascicoli e degli atti di indagini a loro favore. Il processo si era caratterizzato, dunque, solo per la presenza di atti meticolosamente selezionati dall’accusa. Le difese si erano accorte di ciò dalle testimonianze della pg da dove emergevano fatti risalenti a dieci anni prima. Il sospetto, allora, è che l’inchiesta giudiziaria, con custodie cautelari durate anni, sia stata utilizzata per fini diversi. Le tempistiche, in particolare, fanno riflettere.

Il 26 luglio 2012 il prefetto di Reggio Calabria aveva inviato all’allora ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri una relazione a sostegno della nomina di una Commissione straordinaria, enfatizzando delle commistioni mafiose all’interno della società Leonia. Tali argomentazioni venivano utilizzate per motivare lo scioglimento del Consiglio comunale il 10 ottobre del 2012, nonostante un solo consigliere fosse indagato per fatti di mafia. A 12 ore dal commissariamento, venivano eseguite le ordinanze di custodia cautelare, avendo ritenuto la Procura che il materiale raccolto fosse completo. «L’indagine porterà lontano perché vi sono coinvolti numerosi personaggi della cosiddetta “zona grigia”. Personaggi le cui proiezioni e le cui relazioni sono a largo raggio. L`indagine è agli inizi, la continueremo. Vedremo attraverso la ricostruzione dei fatti, se ci sono altre responsabilità», disse il procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Michele Prestipino.

«Il controllo da parte dei boss della società di smaltimento dei rifiuti, avvenuto attraverso l`acquisizione delle quote private – aveva aggiunto – sta a dimostrare quanto sia forte e quanto sia ancora capace la `ndrangheta di infiltrare attività’ lecite, economiche, essenziali per l’economia cittadina. Tutto questo è potuto avvenire grazie al ruolo ancora una volta di soggetti che non sono mafiosi ma che con la mafia stringono patti collusivi e prestano le proprie capacità professionali all’affermazione e alla realizzazione degli interessi criminali. Siamo ancora una volta di fronte all’operato di quella “zona grigia” di cui tutti parlano». Parole che stridono con quanto scritto nella sentenza di assoluzione della Cassazione che ha escluso l’utilità “di un annullamento con rinvio al fine di sollecitare un nuovo esame di merito, stante l’inefficacia dimostrativa delle prove valorizzare in argomento”. Sarà sufficiente il solo risarcimento del danno per ingiusta detenzione a sanare il dramma patito dai protagonisti di questa oscura vicenda?

FINE (La prima parte è stata pubblicata ieri)

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