“da-meloni-a-la-russa-la-destra-vuole-ammorbidire-il-giudizio-sul-fascismo”,-intervista-a-emanuele-fiano-–-il-riformista

“Da Meloni a La Russa la destra vuole ammorbidire il giudizio sul fascismo”, intervista a Emanuele Fiano – Il Riformista

Emanuele Fiano, già deputato del Partito democratico, è il terzo e ultimo figlio (dopo Enzo e Andrea) di Nedo Fiano (1925-2020), ebreo deportato ad Auschwitz e unico superstite di tutta la sua famiglia, e della moglie Rina Lattes, anche lei instancabile testimone degli orrori della Shoah, scomparsa nel febbraio 20221.

Nel gennaio 2021, Fiano ha pubblicato il libro Il profumo di mio padre, che racconta della sua vita di sopravvissuto della Shoah e del rapporto con il padre sopravvissuto ad Auschwitz. Tra il 1998 ed il 2001 è stato presidente della Comunità Ebraica milanese, dal 2001 al 2006 è stato invece consigliere dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. Nel 2017 è stato promotore di un disegno di legge sull’apologia del fascismo. Con lui Il Riformista discute del “revisionismo storico” della destra al governo. Tra sortite provocatorie e imbarazzate retromarcia.

A Via Rasella “i partigiani non uccisero nazisti ma una banda musicale di pensionati”. Così Ignazio La Russa, presidente del Senato, seconda carica dello Stato. E prima di lui la presidente del Consiglio Giorgia Meloni sulle Fosse Ardeatine: “Uccisi perché italiani”. Al netto degli imbarazzati retromarcia, quale è il segno politico di questo revisionismo dilagante che coinvolge figure apicali della destra italiana?
Prima di tutto, ognuno di noi che milita nella politica, porta con se radici, filoni culturali, famiglie politiche, dalle quali certamente ci si può distaccare, se si fa una scelta volontaria, completa e trasparente, ma se non lo si fa, vi sono semi di quelle radici che continuano a produrre gemme, magari a volte anche involontarie. La destra post missina non lo ha ancora fatto compiutamente, come dimostrerebbe anche solo banalmente la difesa della fiamma dell’MSI nel loro simbolo. Detto questo io penso che gli episodi di questi giorni non siano affatto involontari, sono studiati. Noi abbiamo una destra italiana al governo, che peraltro non comprende solo Fratelli d’Italia, ma addirittura in alcuni casi anche la Lega, che non è in grado di dire di se stessa che è antifascista.

Alcuni dicono che Giorgia Meloni si differenzia dalle parole dei suoi. È d’accordo?
La Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, nel giorno in cui tenne alla Camera il discorso per la fiducia, in un passaggio centrale del suo discorso ha snocciolato tre elementi essenziali del suo rapporto con la storia patria; la glorificazione e lo sdoganamento assoluto del movimento Sociale Italiano (“Una comunità di uomini e donne che ha sempre agito alla luce del sole e a pieno titolo nelle nostre istituzioni repubblicane”), il confinamento del termine antifascismo nell’identificazione con gli atti di violenza omicida compiuta da militanti dell’estrema sinistra negli anni Settanta del secolo scorso (“anche negli anni più bui della criminalizzazione e della violenza politica, quando nel nome dell’antifascismo militante ragazzi innocenti venivano uccisi a colpi di chiave inglese”) e infine il rinnovo della proposta di una pacificazione nazionale (“Quella lunga stagione di lutti ha perpetuato l’odio della guerra civile e allontanato una pacificazione nazionale che proprio la destra democratica italiana, più di ogni altro, da sempre auspica.”). È evidente, e per carità anche coerente da parte loro, che il disegno politico di Giorgia Meloni per la sua completa affermazione anche a livello internazionale, come leader di una destra conservatrice a cui non venga più rinfacciato nulla delle proprie radici, passi esattamente attraverso questi tre punti. Ma questo, per esempio per il punto dell’antifascismo, snatura il dettato costituzionale, che non è antifascista per i fatti degli anni ’70 ovviamente, esecrabili come ogni violenza politica, ma per la tragedia che il fascismo mussoliniano ha fatto abbattere sull’Italia nel corso del ventennio.

Quale è la strategia della destra al governo?
Ma allora, se non hai ancora fatto fino in fondo i conti con la storia, quell’assunto costituzionale va sminuito, depotenziato, confinato. E dunque, in questo disegno che vuole distorcere la storia e piegarla ad un disegno pacificatore senza chiarimento, servono dei puntelli, delle tappe, gettate li con scaltrezza a volte, con grossolanità in altre; serve distorcere la storia quando si afferma che i trucidati delle Fosse Ardeatine subirono quella sorte in quanto italiani, dunque esaltando un dato patriottistico che apparteneva in quel momento della storia solo e certamente agli antifascisti e non agli altri italiani che collaboravano con gli occupanti, che consegnavano le liste dei morituri ai nazisti di Kappler, o agli italiani che indicavano la via ai massacratori nazisti di Sant’Anna di Stazzema; serve denigrare i partigiani sostenendo che in Via Rasella furono uccisi pensionati musicanti, e non militari di età media 33 anni, già inquadrati in un corpo di polizia militarizzato, l’Ordnungspolizei, che rispondeva al massimo livello al capo assoluto delle SS Himmler, e i cui altri reparti in Italia combattevano militarmente i partigiani, mentre in Polonia e Russia, aveva battaglioni che avevano partecipato alle fucilazioni di massa di centinaia di migliaia di ebrei, come anche di polacchi e di russi. Serve sostenere, come fa Giorgia Meloni nel suo discorso, che si può assimilare l’odio degli anni di piombo, all’odio di quella che chiama guerra civile, cioè la lotta partigiana e antifascista contro i nazifascisti. Poi, eventualmente, dopo aver gettato il sasso nello stagno, si ritira la mano, come ha fatto il Presidente La Russa, con le successive e non esaustive scuse. Ma intanto, la goccia scava la pietra, e si insinuano dubbi.

C’è una trama in queste uscite?
Tutto questo è un disegno. Depotenziare la clausola antifascista e ammorbidire il giudizio sul fascismo per togliersi un peso dalle spalle. Sarebbe tutto molto più facile se dicessero, noi siamo una destra moderna e conservatrice, nazionalista e patriottica, ma non c’è nulla che salviamo del fascismo; non basta condannare come fanno da anni ormai, le Leggi razziali come male assoluto del fascismo, se non si ricorda sempre e insieme, la guerra alla libertà che il fascismo fece in ogni sua forma, contro i partiti, i sindacati, la stampa libera, la magistratura indipendente. Quando vennero promulgate le Leggi razziali, in Italia gli antifascisti erano già incarcerati da dieci anni. Non lo vogliono fare? Vogliono passare da un revisionismo strisciante e subdolo? Non ci chiedano di chiudere un occhio.

Senza memoria non c’è futuro, si ripete spesso. Non credo che dietro le difficoltà della sinistra vi sia anche la rinuncia a una battaglia culturale sui fondamenti della nostra Repubblica nata dalla lotta antifascista?
C’è un refrain, molto di moda, “ma chi se ne frega del fascismo, voi sinistra non sapete più occuparvi dei deboli, avete perso contatto con la realtà e allora parlate solo del fascismo”. È veramente comico tutto questo, perché sono loro che non perdono occasione per tornare sul tema, basta leggere le cronache di questi ultimi mesi. Sono loro o sbaglio che scelgono manager per le più importanti aziende di stato che si presentano ai soci, citando il discorso in cui Mussolini si intestò come provocazione il delitto Matteotti? Sono loro o sbaglio che ci illustrano l’arredamento di casa citando il busto del duce? È La Russa o sbaglio che disse che siamo tutti eredi del duce? La sinistra è unita su questi temi, ma giustamente il tempo che passa, la mole di problemi materiali che sono all’ordine del giorno di milioni di concittadini, la carenza di tempo e di mezzi nell’affrontare compiutamente quel periodo della nostra storia nelle scuole, fatto salvo che migliaia di straordinari docenti fanno tutto il possibile in questa direzione, rendono la battaglia per una coscienza critica della nostra storia e per una capacità di trasmissione dei valori dell’antifascismo, non facile.

I giovani ricordano ancora?
Mi fa piacere vedere che, lo dico per esperienza personale visto che frequento decine di licei in Italia, dove vengo invitato soprattutto nel periodo del Giorno della Memoria, migliaia di giovani studenti sono molto sensibili all’attualizzazione dei temi di difesa della Libertà e della Democrazia contro ogni totalitarismo. Io penso che su questo il nostro sforzo debba essere massimo. Non solo nel ribadire i nostri valori, ma anche nella capacità di trasmissione con parole e concetti attuali, la spiegazione dei meccanismi delle dittature del secolo scorso; i valori che allora vennero costruiti sono attuali adesso, ad ogni angolo del mondo, contro discriminazioni, ingiustizie sociali, indifferenze. Non bastano il 25 Aprile e il 27 Gennaio, deve essere un lavoro continuo.

Lei è anche un esponente importante dell’ebraismo italiano. Nel revisionismo storico della destra non c’è anche, sottotraccia, un antisemitismo che viene da lontano?
No, mi pare che quella lezione, del combattere l’antisemitismo in ogni sua forma, sia stato assimilato dalla destra italiana, dai suoi leader, perlomeno da quella parlamentare. I problemi vengono dal neofascismo militante extra parlamentare. E qui ci vorrebbe l’ultimo tassello di una democrazia compiuta come la nostra, perché qui ci servirebbe un’unanimità di consenso per norme più dure che neghino ogni cittadinanza all’apologia e alla propaganda del pensiero fascista, per recuperare quel lavoro così tassativo che in Germania fu fatto subito nel dopoguerra e che qui invece non si è fatto. Io ci ho provato con tutte le mie forze, finche ero in Parlamento, spero che prima o poi sarà possibile.

Avatar photo

Esperto di Medio Oriente e Islam segue da un quarto di secolo la politica estera italiana e in particolare tutte le vicende riguardanti il Medio Oriente.

© Riproduzione riservata

Related Posts

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *