Roma, 25 feb – Nel panorama del calcio contemporaneo ai giovani sembra ormai normale poter assistere a continue partite tra le squadre più forti e blasonate del pianeta. La Champions League viene modificata sempre più di frequente allo scopo che le big del pallone si possano affrontare sempre più spesso, tanto che dalla stagione 2024/2025 la prima fase sarà costituita da un solo girone all’italiana, così da proporre praticamente solo match di cartello. Inoltre dal 2025 ci sarà anche un Mondiale per club a cadenza quadriennale composto da 32 squadre e, quando non si disputano gare ufficiali, si giocano amichevoli o tornei estivi tra le stesse società. Insomma assistere, che so, a un Manchester United-Real Madrid, non è certo più un’eccezione bensì la regola.

Le estati del Mundialito

Ma è esistito un tempo nemmeno troppo lontano nel quale in Coppa dei Campioni vi accedeva una sola compagine per nazione e per vedere una squadra sudamericana all’opera si doveva attendere il classico appuntamento dicembrino a Tokyo con la Coppa Intercontinentale. Poi, all’inizio degli anni ’80, un rampante imprenditore di nome Silvio Berlusconi (non ancora presidente del Milan, ma che già aveva ben intuito la fame di calcio degli utenti/clienti televisivi) ebbe un’idea per l’epoca innovativa: creare una competizione estiva che mettesse di fronte squadre blasonate e dal gran numero di tifosi. Nacque così nel 1981 il Mundialito per club, conosciuto da tutti semplicemente come Mundialito, da trasmettere sull’emergente Canale 5 allo scopo di portare il grande calcio a Milano, allora un po’ fuori dai giri dei tornei europei che contavano. All’epoca in tv, esclusivamente sulla Rai, le uniche partite dei club trasmesse erano alcune di Coppa, quindi il tifoso era sempre a caccia della possibilità di nuova offerta e, in questa logica, si inseriva perfettamente la rete del Biscione. Non solo, anche per il pubblico da stadio era un’occasione ghiotta per ammirare formazioni europee e sudamericane dal fascino esotico; il tutto da disputarsi d’estate negli anni dispari lasciati scoperti da Europei e Mondiali. Il criterio per essere invitati era semplice: aver vinto almeno una Coppa Intercontinentale.

Ecco così che, oltre a Milan e Inter, dal 16 al 28 giugno 1981 calcarono il campo di San Siro il Feyenoord, il Penarol ed il Santos. Queste ultime formazioni emozionavano solo al pensiero un giovane tifoso italiano: gli uruguagi del Penarol dalla iconica divisa giallonera e i brasiliani del Santos che erano rinomati per essere stati la squadra di Pelè. La formula era semplice: due partite a sera e girone all’italiana. Ad aggiudicarsi il trofeo fu l’Inter e si registrarono ascolti record in tv e grande pubblico sugli spalti. Dal punto di vista dell’ordine pubblico invece fu un disastro, anche se all’epoca media e politici avevano cose più importanti di cui preoccuparsi che non qualche rissa al Pallone.

Milan e Inter quella stagione non si erano affrontate, in quanto i rossoneri militavano in Serie B e quindi era tanta l’attesa tra le due tifoserie. Il Derby è in programma all’ultima giornata, ma gli ultras delle rispettive squadre non aspettano tanto e, alla prima serata della competizione, fuori da San Siro si affrontano ferocemente, con tanto di storico ultras rossonero accoltellato in modo serio. Il 28 giugno si arriva così alla stracittadina in un clima di feroce tensione: gli interisti espongono striscione per deridere il rivale ferito; parte carica dalla Sud milanista, ma si ferma in attesa di materiale di rinforzo. La Nord interista contrattacca fino alla Sud, ma a questo punto i rinforzi arrivano e il putiferio si trasferisce nella curva nerazzurra, nella quale succede davvero di tutto. Ma, come detto poco fa, ciò fa parte della mitologia da gradinata: ora probabilmente il torneo sarebbe stato sospeso dopo la prima partita, ma allora si parlò esclusivamente del grande successo dell’iniziativa.

L’ultima edizione 

Due anni dopo il Mundialito si ripete e, oltre alle due milanesi, arrivano la Juventus (che pur senza aver mai vinto una Coppa Intercontinentale garantiva pubblico e interesse), il Flamengo (dalla stupenda maglia rossonera a righe orizzontali) ed ancora il Penarol. È proprio la Juventus ad assicurarsi il trofeo, ma sono sempre gli spalti a richiamare l’attenzione. Milan e Inter arrivano da una situazione analoga a quella di due anni prima, vale a dire i rossoneri neopromossi dalla Serie B, quindi c’è molta apprensione per quello che potrebbe accadere tra le curve, visto che l’escalation di odio tra le due tifoserie sembrava non conoscere limiti. Invece tutto scorrerà tranquillo e verranno poste le basi del patto di non belligeranza tra le due curve meneghine.

Nel 1985 l’edizione viene annullata a causa della recente tragedia dell’Heysel, che troppo aveva segnato l’immaginario collettivo. Si passa così al 1987 e ad una terza edizione tutta europea. Alle due milanesi si aggiungono Porto, Barcellona e Paris Saint-Germain. Questa volta a prevalere è il Milan, passato proprio a Silvio Berlusconi e destinato a far dimenticare il recente deprimente passato. Niente più allarme di ordine pubblico sugli spalti ormai, ma un successo ancora più clamoroso di pubblico televisivo.

Fu però l’ultima edizione del Mundialito: l’incredibile cassa di risonanza avuta da quella manifestazione fece capire ai signori del calcio che, quello che era ancora una via di mezzo tra passione e business, poteva trasformarsi in un’industria dalle potenzialità praticamente illimitate e che, di conseguenza, queste competizioni avrebbero dovuto evolversi in qualcosa di ufficiale. Così, come spesso accade in tutti gli ambiti dell’esistenza, una grande idea tende a sfuggire di mano ed ora il nostro amato calcio ha raggiunto sì quell’immagine globale che ci si auspicava, ma a quale prezzo? Club che hanno perso il contatto con la propria comunità di riferimento e giocatori che spesso diventano più importanti e tifati della stessa squadra. Ed ora abbiamo calcio in televisione sette giorni su sette, ma il senso di meraviglia e di attesa lascia sovente il posto ad uno sbadiglio e ad una sensazione di deja vu.

Ciononostante quella manifestazione resterà sempre nel cuore di tutti i ragazzi degli anni ’80, citata persino ne I ragazzi della terza C come appuntamento estivo non appena finito l’anno scolastico. E la mascotte della manifestazione, il biscione Five di Canale 5, ha spianato la strada a un tipo di merchandising a tutto tondo, rivolto sia ai bambini che agli adulti e non strettamente legato alla propria squadra di riferimento.

Roberto Johnny Bresso

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