L’ipotesi principale della tragedia
Elena Del Mastro — 24 Febbraio 2023
Le impressionanti immagini dell’aereo che cade improvvisamente a picco in Nepal il 15 gennaio scorso hanno fatto il giro del web. Dopo le prime indagini sbuca l’ipotesi dell’errore umano dietro quel drammatico incidente costato la vita a 72 persone: tutti i passeggeri compresi i piloti e il perosnale di bordo. Secondo quanto riportato dal Corriere della Sera, uno dei due piloti, peraltro il più esperto, avrebbe confuso le leve finendo per toccare quella che “spegne” entrambi i motori al posto dell’altra, di fianco, che muove i flap nelle ali. Secondo gli investigatori nepalesi e occidentali, dalla scatola nera sarebbe emerso che i dati escludono il problema tecnico e puntano il dito sul possibile errore umano dei piloti. Tutto è ancora ipotetico. Bisognerà aspettare ulteriori accertamenti per avere la certezza.
Molte domande rimaste ancora senza risposta ma tra le autorità dell’aviazione civile potrebbero chiedere al costruttore una modifica dei comandi per evitare che si possa commettere lo stesso errore. L’Atr 72-500 di Yeti Airlines era partito il 15 gennaio alle 10.32 dall’aeroporto di Kathmandu diretto verso il nuovo scalo di Pokhara, meta turistica che porta verso le vette più alte del mondo. Un minuto prima di atterrare l’aereo si è schiantato uccidendo 72 persone: 68 passeggeri e 4 membri dell’equipaggio.
Quel giorno erano programmate quattro tratte tra Kathmanadu e Pokhara, andata e ritorno con gli stessi piloti: il comandante esperto Kamal Kc, 22 mila ore alle spalle, e Anju Khatiwada, comandante pure lei, con 6.500 ore di volo accumulate e quel giorno affiancata da Kamal Kc per conoscere meglio il nuovo aeroporto di Pokhara inaugurato due settimane prima. Quel giorno lo staff aveva già effettuato una tratta senza problemi, andata e ritorno. Così sono partiti per il terzo volo dalla capitale.
Quello che le scatole nere registrano, invece, è una diminuzione improvvisa e al di sotto del 25%, della potenza di entrambi i motori dell’Atr. Il documento parla di “feathered condition” dei propulsori. “Significa che le eliche vanno in bandiera, cioè parallele alla direzione del volo”, chiarisce al Corriere uno dei piloti consultati. “I motori di fatto non generano più né spinta, né resistenza». Di solito questa manovra si esegue “quando il motore pianta e bisogna creare la minore resistenza possibile con l’elica: invece di metterla perpendicolare all’aria, la si mette parallela”. In pratica i due motori non avevano più potenza.
Ma com’è stato possibile “spegnere” i due motori in volo? Chi sta dando una mano al team investigativo del Nepal spiega che l’ipotesi più accreditata è uno scambio delle leve. Invece di usare i controlli dei flap i piloti potrebbero aver toccato quelli delle eliche: entrambe le leve si trovano una di fianco all’altra. “Con ogni probabilità — spiegano due piloti — il comandante non ha abbassato la leva dei flap per portare la loro angolazione da 15 a 30 gradi, ma ha toccato quella della regolazione delle eliche che, se portata indietro dalla condizione “Auto” a “Ftr” finisce per togliere potenza ai motori”. L’aereo a quel punto volava a una quota troppo bassa e non era possibile in nessun modo risolvere il problema.
Laureata in Filosofia, classe 1990, è appassionata di politica e tecnologia. È innamorata di Napoli di cui cerca di raccontare le mille sfaccettature, raccontando le storie delle persone, cercando di rimanere distante dagli stereotipi.
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