Roma, 17 feb – Tra gli effetti imprevisti della guerra in Ucraina ci potrebbe essere un ritorno alla leva obbligatoria in Europa. Infatti, a causa del guerra in vari paesi europei si è cominciato a parlare nuovamente di servizio militare, anche se in forme diverse.
Il ritorno della leva obbligatoria
Se c’è un elemento positivo – per quanto amaro – che possiamo riconoscere al conflitto ucraino, è l’aver ricordato ai popoli europei che la storia non è né finita, né pacificata, e che l’orizzonte della guerra è pur sempre presente. In Europa la leva obbligatoria è abolita quasi dappertutto, cosa che è ancora più vera quando prendiamo in esame i paesi Nato. Tra questi ad avere ancora attiva la leva sono solo Grecia, Danimarca, e Lettonia. Con quest’ultima che l’ha reintrodotta solamente di recente e più precisamente nel luglio 2022 dopo 15 anni dalla sua sospensione. Ad aprire alla possibilità di un ritorno alla leva obbligatoria è stato recentemente anche il nuovo ministro della Difesa tedesco, ovvero il socialdemocratico Boris Pistorius, il quale ha dichiarato: “Abolirla è stato un errore e potrebbe dimostrare l’importanza di queste istituzioni per il funzionamento della nostra società”. Ma non è un caso isolato. L’Olanda pensa a un sorteggio sul modello della Svezia, dove ogni anno vengono sorteggiati tra i 4 e i 5mila diciottenni per una ferma dalla durata di 11 mesi. Mentre la Danimarca la vuole estendere anche alle donne.
Il caso italiano
In Italia il ritorno della naja è oggetto di dibattito da diverso tempo. A essersi speso a più riprese favorevolmente per una sua introduzione è stato il leader della Lega Matteo Salvini: “Penso che un anno di insegnamento delle regole, della buona educazione e dei doveri formerebbe dei buoni cittadini”. Il presidente del Senato, Ignazio La Russa, si è fatto recentemente promotore per un disegno di legge per l’implementazione di una mini-naja volontaria di 40 giorni, sostenendo la sua importanza per “imparare cosa è non solo l’amore per la Patria, ma il senso civico, il dovere che ciascuno di noi ha di aiutare gli altri in difficoltà”. Insomma, nel dibattito interno italiano il tema del servizio militare viene rilanciato più per il valore di educazione civica che per una questione strategica.
La questione strategica
La guerra in Ucraina sta mettendo in discussione il paradigma di forze militari basate su eserciti professionisti dai numeri di effettivi però molto limitati. Basti pensare che l’impegno italiano in Afghanistan ha visto il coinvolgimento di circa 4.000 uomini, mentre un singolo scontro nel Donbass può vedere la mobilitazione di schieramenti anche cinque volte superiori. Un esercito di coscritti potrebbe d’altro canto essere di difficile gestione. Una strada intermedia potrebbe essere quella della creazione di un alto numero di riservisti, così come avviene negli Stati Uniti con la Guardia Nazionale che è stata impiegata anche in Iraq e Afghanistan. In Italia i riservisti sono 17mila, mentre nel Regno Unito sono 75mila, in Francia 40mila, in Germania 30mila, e in Polonia 114mila.
Michele Iozzino
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