Uno dei vecchi simboli/scherzi della Befana era portare carbone (dolce) ai bambini monelli (in copertina). Tante sono le usanze per celebrare questo ultimo giorno di festeggiamenti, mi torna in mente una tradizione portata avanti da mia suocera: Abbégna vòcche.
Maria Catalano Fiore
Mia suocera, Eugenia Careccia Fiore, r.i.p., originaria di Grumo Appula, popoloso centro in provincia di Bari, conservava, per la notte della Befana un uso particolare: “Abbégna vòcche”, ossia saziare la bocca la sera del 5 gennaio.
Tanti anni sono passati, dalla sua prematura dipartita, ma questa mattina, una citazione sul web, me l’ha ricordato.
L’Abbégna vòcche, tradizione conosciuta anche come “sette pietanze”, praticamente mangiare almeno sette tipi di cibi diversi durante la cena del 5 gennaio.
Ovviamente, c’è una spiegazione a tutto ciò: la credenza popolare grumese vuole che durante questa notte, la morte giri per il paese per decretare chi deve morire entro l’anno.
Per poter scongiurare questo pericolo, è necessario mangiare in abbondanza e farsi trovare in salute ed immersi in un sonno profondo. Per rafforzare questo scongiuro è necessario lanciare una scopa dietro la porta d’ingresso pronunciando queste parole: “Vattinne mòrte, nan’zi passanne da chessa pòrte”.
In questa serata generalmente si preparavano “Pèttue” (pasta lievitata) fritte da accompagnare a cime di rape stufate, magari con un po’ di peperoncino.
Olive dolci fritte (olive dolci Termiti, tipiche della zona tra Grumo Appula, Bitritto, Bitetto, Binetto e zone limitrofe), alici fritte, ricotta forte, ecc…, pietanze povere di uso comune nella civiltà contadina.
Ciò che avanza, e la tavola apparecchiata, viene lasciato alla morte, per conquistare la sua benevolenza.
Negli anni sono stati integrate focacce, panzerotti farciti nei modi più diversi, e più che alla morte di pensa a rifocillare la Befana.
Insomma bisogna mangiare: “Abbégna vòcche” dei commensali ma soprattutto della morte o alla Befana per renderle più comprensive e generose.
Un menù genuino e semplice da far venire l’acquolina in bocca a chiunque.
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