Prima di riflettere su possibili soluzioni per dirimere la questione, è bene riavvolgere il nastro e comprendere in cosa consiste il carcere duro. L’articolo 41-bis è una disposizione dell’ordinamento penitenziario italiano introdotta dalla legge 10 ottobre 1986 n.663 che prevede un particolare regime carcerario. Successivamente, modificata dopo le stragi di Capaci e via d’Amelio ai danni dei magistrati Falcone e Borsellino, nel 1992.La norma stabilisce l’eventualità da parte del Ministro della giustizia di applicare questo provvedimento in casi eccezionali, come: terrorismo, criminalità organizzata, eversione, violenza sessuale di gruppo, sequestro di persona a scopo di rapina o estorsione, tratta di persone. La modifica apportata dopo la tragica morte di Falcone e Borsellino-(comma 2, introdotto dal D.L. 8 giugno 1992, n. 306)-indice una serie di procedure supplementari che vertono ad eliminare ogni potenziale comunicazione tra il detenuto ed il mondo esterno, quali: isolamento dagli altri detenuti, ora d’aria limitata, numero di visite mensili circoscritto e di gran lunga minore rispetto ai detenuti ”normali”, esclusione dalle rappresentanze dei detenuti. Per ragioni logistiche, le carceri del 41-bis vengono abbarbicate preferibilmente in aree insulari oppure in istituti interamente dedicati a questa tipologia di detenuti.
E’ recente, la sconvolgente notizia che sta travolgendo l’opinione pubblica italiana- soffocando ed opprimendo la magistratura e attanagliando le coscienze di italiani, che forse da troppo tempo, si erano accomodate in un comodo sonno dogmatico. Il centro di questa polemica gravita attorno alla figura dell’anarchico Alfredo Cospito, condannato dapprima a dieci anni di detenzione nel 2014, per la gambizzazione del dirigente dell’azienda Ansaldo Nucleare: Roberto Adinolfi. Per poi, macchiarsi di un altro crimine, quello che gli costò l’ergastolo ostativo: l’attentato alla scuola carabinieri di Fossano nel 2006, fatto che si scoprì solo dopo che i giudici ebbero indetto il primo processo. Da due mesi, il detenuto ha iniziato uno sciopero della fame che a detta del suo medico privato gli avrebbe fatto perdere 43 chili. L’unico mezzo di sostentamento che accetta di ingerire sono degli integratori, secondo lo staff del medico del carcere di Sassari dove si trova l’uomo, Cospito al momento, non rischia la morte, ma le sue condizioni potrebbero improvvisamente precipitare, causando conseguenze gravi. La sua protesta silenziosa ha valicato i confini del nostro paese causando gravi sommosse ed attentati in tutta Europa; il primo fra tutti, l’incendio dell’auto della consigliera dell’ambasciata italiana ad Atene, seguito dal muro deturpato dalla scritta:” Stato Italiano, assassino. Libertà per Cospito”, fuori dal consolato generale a Barcellona, e ancora a Berlino, è stata incendiata la targa diplomatica di Luigi Estero, primo consigliere dell’ambasciata italiana. A Bari, iniziano a vedersi scritte che riportano lo stesso messaggio di quelle sopra citate, sulle mura del sottopasso Quintino Sella, adiacente all’uscita della stazione centrale del capoluogo. La domanda nasce spontanea: Perché così tanti giovani ed esponenti della magistratura, sono scesi in campo per battersi in nome di chi vive la condizione di Cospito? Perché, un criminale viene così strenuamente difeso? E soprattutto, perché questo caso merita la nostra assoluta attenzione? La Verità tende a nascondersi. Per questo motivo, va cercata e brandita come un’arma di pace. La giustizia, in quanto organo orizzontale e imparziale, deve garantire ai propri cittadini, persino i più collusi, quelli più violenti ed ingiustificabili, di evolversi. Le sentenze versate contro gli imputati, non devono essere frecce che trafiggono ed inaridiscono lo spirito, al contrario formule di” catarsi “per i colpevoli. Il carcere-al contrario di ciò che è ora- non deve trasformarsi in un alveare in cui proliferano cellule criminose, ma un luogo di riabilitazione alla vita. La gabbia in cui vengono rinchiusi i detenuti del 41-bis impedisce ogni contatto con la vita esterna ma soprattutto aliena- chi vi è rinchiuso-dalla possibilità di comunicare con gli altri detenuti o di svolgere esperienze lavorative che lo reintroducano progressivamente nella società. E’ indubbia la questione che vede l’estrema difficoltà, di immettere o controllare degli individui che hanno commesso crimini così efferati, e soprattutto aventi interesse a recuperare i rapporti persi con le loro organizzazioni criminali. Proprio in questa prospettiva, è bene precisare che Alfredo Cospito è: il primo italiano ad essere condannato ed incriminato per “strage politica” e non “strage semplice”, il che muta radicalmente la pena, in quanto lo costringe a dover scontare il resto della sua vita in carcere, senza la possibilità di libertà condizionali, o altri privilegi che scaturiscono dopo un determinato periodo in carcere. Un nervo ancora scoperto per la difesa, è il seguente: Se l’accusato non ha materialmente ucciso o ferito nessuno, la pena a lui prescritta-il 41 bis- deve decadere? Purtroppo, la risposta non può sciogliere la questione nell’immediatezza; perché se da un lato è vero che gli ordigni sono rimasti inesplosi, è altrettanto vero che essi sono stati brevettati con un meccanismo “a richiamo”- il quale ha lo scopo di allarmare le forze dell’ordine per disinnescare il primo ordigno, sottraendole dalla ricerca di un secondo ordigno, che scoppia dopo- questa tecnica è stata giudicata un’aggravante. Occorre, più che mai, fare una precisazione sul tipo di gruppo anarchico di Cospito: la FAI. A differenza di altre organizzazioni anarchiche, la FAI ha una gerarchia orizzontale, spontanea e autonoma, ciò significa che a differenza di altre associazioni, agisce in cellule separate sul territorio, inoltre gli esponenti di queste ultime non si conoscono tra di loro, ma agiscono indistintamente. Il loro obiettivo è il Potere, e chi fa da servo ad esso: le forze armate. Al contrario, delle forze di estrema destra che hanno insanguinato il nostro Paese, uccidendo innocenti civili, uno fra tutti il caso di Piazza Fontana nel 1969,  i quali colpevoli accusati di “strage semplice”, e quindi messi in libertà dopo poco tempo. Tirando le somme, possiamo definire il 41-bis costituzionale o anticostituzionale? Bisogna tristemente constatare- ma non solo in questo frangente- che lo Stato non osserva le regole che si è posto. Uno Stato che lascia morire di stenti un detenuto o lo costringe a togliersi la vita, è uno stato che non rispetta i valori di civiltà sul quale una democrazia” dovrebbe” essere fondato. Allo stesso modo, si è istintivamente portati a chiedersi se un individuo potenzialmente pericoloso e desideroso di riallacciare rapporti con cellule criminose all’esterno possa minare il benessere della comunità. E non da meno, la questione etica: Un uomo come il mafioso Denaro-condannato al 41-bis- che ha alle spalle centinaia di omicidi, tra i quali quello di un povero dodicenne deve necessariamente rimanere barricato in galera, nonostante le condizioni di salute precarie? Il confine, però, tra le colpe di Cospito e quelle di Denaro, non è affatto labile. Tutt’altro, le radici dei loro atti criminali sono distinte, così come i crimini a loro carico. E ancora, il 41-bis che prevede la scarcerazione solo in caso in cui il criminale si converta a collaboratore di giustizia- non sta ponendo anch’essa un ricatto? Di natura diversa chiaramente, in quanto lo si fa per ottenere delle informazioni che possono rivelarsi vitali, tuttavia è un ‘altra sottile e discussa incongruenza. Tutti motivi per i quali, molti giuristi in Italia si battono affinché Cospito venga spostato in un carcere ad “Alta Sicurezza”, e tolto dal regime del carcere duro. Così sconterebbe la sua pena- di cui è senz’ombra di dubbio colpevole- senza subire la ferocia del carcere ostativo. Un’ultima riflessione, di carattere più filosofico, è possibile attraverso la dialettica servo-padrone di Hegel. Secondo la quale, solo lo scontro tra due autocoscienze (due soggetti pensanti), e non oggetti inerti può portare- nella fase finale- ad una convivenza civile, pacifica e soprattutto remunerativa in termini umani. L’atto criminale-cioè la tesi-, avrà come contraltare la Giustizia ( antitesi) e la sintesi  sarà il carcere, quest’ultimo deve essere in grado di garantire al cittadino il rispetto di tutti i diritti costituzionali che non confliggono con la tutela della collettività. Lo Stato deve necessariamente impiegare le sue energie nel miglioramento del sistema educativo italiano, il quale deve formare cittadini attivi, che condividano i principi della Costituzionali, senza che essi appaiano ai loro occhi come una massa informe inavvicinabile. Ma uno strumento di emancipazione e responsabilità. La responsabilità, uno dei valori etici più difficili da applicare, in quanto non si impone ma si condivide. Così facendo, si svilupperebbe un attento pensiero critico, che eviterebbe atti così estremi.
Maria Lisa Fiore – classe 5^AL Liceo Linguistico “Bianchi Dottula” Bari 

Related Posts

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *