I temi Esg escono dai conciliaboli tra tecnici della finanza e del diritto oppure dalle dispute tra alcuni Stati e Wall Street per assumere definitivamente lo status di questione politica centrale su cui i candidati al Congresso e alla Casa Bianca dovranno misurarsi
La disputa sulla sostenibilità che da qualche mese a questa parte – si veda la copertura che Formiche.net ha dedicato all’argomento sin dal suo sorgere – tiene banco all’interno della comunità finanziaria americana e nei rapporti tra questa e la politica domestica ha fatto segnare in questi giorni un notevole salto di qualità.
Preoccupati dalle prospettive di rielezione quando il proprio seggio andrà al rinnovo l’anno venturo, due senatori democratici del Montana e della West Virginia, Jon Tester e Joe Manchin, si sono schierati con la maggioranza repubblicana della Camera Alta per bloccare un provvedimento governativo volto a consentire ai fondi pensione statunitensi di incorporare i fattori climatici e sociali – l’ormai arcinoto acronimo Esg – nelle decisioni di investimento.
Contro il bill congressuale è dato quasi per certo che Joe Biden eserciterà il potere di veto presidenziale, costringendo così il Congresso, se vorrà che diventi legge, a riproporlo con la maggioranza dei due terzi per superare il veto stesso (c.d. override).
Lo scenario più probabile a questo punto è che il provvedimento governativo, irrobustito dal veto della Casa Bianca, passerà le forche caudine parlamentari e verrà alla fine promulgato.
Sul piano formale la contesa sembra futile, giacché, da un lato, è da escludersi che si raggiunga una maggioranza congressuale di due terzi, rendendo così vani sin dall’inizio gli sforzi repubblicani, dall’altro, l’obiettivo degli oppositori era quello di bloccare un provvedimento che già di per sé non rendeva obbligatoria l’adozione dei criteri Esg, così che sia prima della querelle che dopo i fondi pensione avranno comunque la facoltà di adottarli.
La vicenda, tuttavia, è gravida di conseguenze sia sul piano politico che finanziario per una serie di motivi.
Innanzitutto, come ampiamente evidenziato dai media, si tratta del primo veto posto dall’Amministrazione Biden su un bill congressuale.
In secondo luogo, la scelta dei due senatori democratici di schierarsi con i Repubblicani testimonia ancora una volta del fatto che l’appartenenza ad una determinata comunità – gli Attorney General di Montana e West Virginia erano tra i firmatari della lettera con cui si ingiungeva a BlackRock di stralciare l’agenda Esg – si impone sull’affiliazione partitica o sull’adesione politico-ideologica, peraltro già molto più sfumate negli Stati Uniti rispetto ad altre parti del mondo occidentale.
In terzo luogo, la controversia in corso verte solo in apparenza su una questione tecnico-finanziaria; in realtà ad essere investito è il modo stesso di stare al mondo da parte degli Stati Uniti, giacché gli Stati e i parlamentari che contrastano l’onda Esg vogliono semplicemente un’America introvertita che torni ad occuparsi di se stessa – o ad essere ‘great again’ nella dizione trumpiana – e cessi di occuparsi delle sorti dell’umanità messe a repentaglio da fenomeni scarsamente, a loro dire, fondati sul piano scientifico.
Infine, i temi Esg escono dai conciliaboli tra tecnici della finanza o del diritto oppure dalle dispute tra alcuni Stati e Wall Street per assumere definitivamente lo status di questione politica centrale a livello federale su cui i candidati al Congresso e alla Casa Bianca degli anni a venire dovranno misurarsi esattamente come sugli altri temi più controversi e divisivi che già conosciamo.
Per la comunità degli investitori al di qua dell’Atlantico l’Esg rimane a tutt’oggi una tesi fondamentale che guida non soltanto la raccolta e l’impiego di fondi trasversalmente rispetto sia alle asset classes che alle tipologie di strumenti (equity, reddito fisso, ibridi), bensì anche la governance dei veicoli chiamati a gestire gli assets in questione. In altre parole, diversamente dagli Stati Uniti, la trasformazione ecologica e la dimensione sociale si rafforzano, anziché indebolirsi, come megatrend sul piano della percezione da parte degli investitori.
Tuttavia, considerando che gran parte dei protagonisti soprattutto nell’universo del risparmio gestito globale hanno una provenienza americana, pensare che le convulsioni che li attraversano rispetto alle comunità e alla politica di riferimento non abbiano ripercussioni anche sulle loro articolazioni operative al di là degli Oceani può indurre a errori di valutazione potenzialmente gravi proprio in sede di individuazione dei megatrend.